Appoggiata in sospensione magica alla sporgenza in cui le strade si incrociano formando una svolta repentina. Lei attende sotto il nascere del sole del mattino che porta con sé ancora un po’ d’aria fresca; un segnale per dare inizio al movimento che dell’incontro segna la buona o cattiva sorte. Ha i capelli neri lisci lungo la linea del collo magro reso morbido dalla cura femminile per i particolari, con occhi grandi aperti verso il fondo dell’apparenza del camminare avanti e indietro dei passanti che sfilanti in una passerella non scevra da giudizi affollano il pensiero dell’attesa.
Lei è Clelia una giovane sognante ed eterea ragazza dai gusti semplici ma che interroga il mondo sulle questioni fondamentali. Oggi in attesa del primo incontro con un gruppo di anarchici dediti a smontare le ragioni organizzative del sistema sociale. Clelia dal suo punto di vista dopo aver seguito le vicende dei ragazzi che aspetta sente un certo timore è inadeguatezza per il suo modo impacciato di inoltrarsi nelle conoscenze, non è di certo impavida nell’ infrangere le regole e non è affatto sicura che sia il modo adeguato di affrontare le questioni. Sospesa in quel limbo dell’attesa appoggiata allo scoglio cittadino non fa più caso al brulicare della gente mentre l’ora rintocca un altro scarto del girovagare della Terra intorno al suo universo. L’attesa è un viaggio nel rimescolamento delle immagini passate con le emozioni che sollecitano l’intensità del ricordo. In apparenza sembra che nel rimembrare ci sia una linea del tempo da “qua verso il la”, ma niente è come sembra, perché lo sfondo su cui si rispecchia la nostra storia è uno specchio che riflette il già da sempre riflesso, ed il gioco della luce nella dissolvenza dell’ombra è il pensare come storia gli eventi. Clelia in fondo sta muovendo i primi passi verso un altrove un po’ meno sicuro della casa dove tiene tutto ciò che ha di caro. Un antro dentro il quale muovere in libertà un corpo da sempre poco accettato, non ci sono grandi spiegazioni alla dualità…ma avviene che ad un certo punto il fisico e le sue funzioni si staccano dal pensato in una forma di linguaggio contraddittorio. Inizia la schizofrenia con sé stessi e l’armadio come luogo in cui non c’è mai il vestito giusto e gli oggetti che si animano per diventare fonte di irritazione ed i familiari che non ne dicono una giusta.
Il gruppetto di ragazzi a passo veloce passa tra la gente senza smettere di chiacchiere in un gioco di rimandi che non sempre hanno un significato, ma anzi sembrano suoni in libertà; infatti, per loro l’importante è mantenere la tensione che li unisce il resto è sacrificabile. Raffaele sembra un po’ il leader anche se nessuno ha mai posto la questione, ma tra ragazzi così avviene, basta un paio d’ingredienti: un pizzico di carisma e bellezza e si è a capo della squadra. Raffaele ha proposto l’incontro con una nuova compagna raccattata nei social, questo per allargare le file e per avere intuito che Clelia di anarchia ne sa più di lui. Non che non ci credesse nell’utopia: “né servi né padroni”, ma per la complessità degli scritti di Malatesta, Bakunin o Stirner non riesce a coglierne il senso profondo, per cui spesso si ferma agli slogan o all’imprecazione verso i poteri forti, così che, quando è in difficoltà la butta in ‘caciara’. Raffaele agli argomenti libertari ci è arrivato per il nonno che, quando era in ‘sagoma’ raccontava che nelle osterie oltre al vino si parlava di libertà tra uomini e donne e si malediva la religione perché usata dai padroni per tenere buona la gente. Ma ciò che a Raffaele arrivava non era il contenuto ma quella sensazione di gioia e di vita che il nonno riusciva a far vibrare nell’aria. Non serviva capire il discorso per sapere di essere davanti alla verità di come le persone possano essere buone come intendeva Aristotele studiato da Raffaele a scuola. Ora che Raffaele ha qualcosa in cui credere, sente la sensazione di occupare uno spazio nel mondo e di non appartenere al nulla qualunque che investe la massa. Nelle infinite discussioni tra compagni alla fine il succo della situazione è il sentirsi parte di una considerazione tra pari.
Il nonno di Raffaele non è ancora proprio vecchio ma neanche giovane, ha attraversato gli anni Settanta e ottanta del secolo scorso in bilico o sul filo tra il legale ed il non proprio legale, rimanendo indenne sotto il profilo penale. Ma per la sua epoca le questioni di giustizia politica erano più importanti dei progressi legislativi, per cui forzare la mano era considerata una azione partigiana. Non c’è voluto molto nel capire che dopo la guerra la maggior parte di chi comandava sotto il fascismo è rimasto a comandare sotto la Repubblica. Per cui il nonno già a quattordici anni cantava l’internazionale nelle manifestazioni e fondava con altri quattro ‘scappati di casa” la prima in assoluto sezione anarchia della sua città. Il nonno spesso di notte andava ad attaccare i manifesti in modo illegale giocando al gatto ed il topo con le forze dell’ordine: -li fregava sempre- solo una notte quasi ci lasciò lo zampino, facendosi sparare dietro mentre se la dava a gambe. Era una strana atmosfera tra il comico ed il tragico perché poi si andava tutti alla stessa pizzeria e si sapeva benissimo cosa si faceva gli uni e gli altri.
Il nonno racconta: “quando la buriana ha cominciato a scemare negli anni Ottanta con una mattanza di giovani da parte del nuovo killer l’eroina che trovando una diffusione di massa nei ragazzi li ha assoggettati, concludendo di fatto le contestazioni giovanili. Gli anarchici hanno deciso di entrare nelle istituzioni, soprattutto nel sindacato per riformulare l’azione politica da una nuova posizione interna ad i palazzi del potere. Da quel momento l’ibridazione e l’avanzare dell’età hanno reso i discorsi addomesticati e negli anni successivi è tornato di moda andare allo stadio dove le persone hanno ritrovato l’arena su cui sbranarsi”. Il nonno è diventato educatore degli adulti che persi nella droga sono rimasti orfani dei propri padri.
Clelia in attesa, con lo sguardo orientato verso un due passi più avanti appeso al limitare tra l’ombra del marciapiede sull’asfalto, particolarmente scuro nonostante il rischiarare del sole. Ha imparato qualche mese prima a meditare come antidoto contro l’ansia, per cui quando si ricorda lascia lo sguardo appeso un po’ più in là senza guardare nulla in realtà e inizia a contare i respiri seguendo il circolo dell’aria che entra ed esce dal corpo, nella mente solo il numero e aria fino a calmare il sistema nervoso che dalla base della testa sprofonda nelle viscere. Il padre ha cercato di insegnargli a respirare con la pancia in modo da contrastare il fatto di trattenere il respiro tutte le volte che si presentano situazioni stressanti. Per Clelia meditare è un antidoto al continuo rimuginare dei pensieri che costruiscono, decostruiscono, giudizi, prefigurazioni ed ogni tipo di anticipazione dell’evento. Meditando interrompe per alcuni minuti la catena delle concatenazioni razionali e riposa nel non pensare o per lo meno a diminuire il rimuginare. Vede i ragazzi del gruppo anarchico venire verso di lei, non ha dubbi che siano loro anche se non si sono mai incontrati, ed uno di loro in particolare attrae la sua attenzione, provocandogli un aumento delle pulsazioni con un leggero pizzicore nello stomaco. Clelia nascosta dall’angolo cieco dall’intersezione delle due vie lascia che i ragazzi una volta che hanno guardato in giro per trovarla si allontanano con già lo sguardo su altre mete della giornata nel suo iniziale stato del nascere.
Poi ci sono io, nel mondo di mezzo o ristretto tra le virgole ed i punti. La storia è che non ci stavamo tutti nel mondo nella forma materica; infatti, non è che l’universo possa espandersi in continuazione senza danni allo spazio-tempo. Per cui per molti di noi la scelta è stata l’annichilamento per fare posto al divenire delle cose. Ognuno di noi vive a sé, in una vasta probabilità di apparire e scomparire nelle storie altrui, in apparenza senza lasciare traccia: “ma di questo non sono molto sicuro”. Annichilirsi è una forma di speranza per diminuire il caos prodotto da un sistema chiuso, per cui raffreddare e rallentare i movimenti riporta l’oscillazione verso lo stato di bontà, il calore viceversa accelera l’oscillazione verso uno stato distruttivo. Rimbalzo impavido tra il testo bianco e la forma scritta nell’istante stesso che l’azione si forma nella struttura dell’esserci ed il fondo da cui risalta l’apparire si colora meravigliosamente dalle emozioni che compongono la tavolozza del sentire. Sono di casa in molte tele dipinte e come me molti di noi che non esistiamo più nel senso della presenza, siamo viandanti sospesi eternamente in rimbalzi umorali con la possibilità di un tocco verso il macrocosmo della carne per ricordare ad i frettolosi di rallentare, perché il segreto della vita sta nell’ andare piano in modo da avere il tempo di guardare effettivamente il mondo per portarselo con sé. Io un refuso scordato nell’ ingranaggio della struttura logica che si impone come una macchina da guerra ben oliata sulla attenzione delle molteplici visioni rendendole coerenti. Ovviamente io so che non lo sono, ma è proprio in questa tenue incertezza che si presenta come un fremito in cui io soggiorno dal giorno in cui ho lascito il mio spazio per fare crescere altre consonanti nel gioco narrativo. Ora che sento simpatia per questi personaggi cerco il modo di unire i fili della realtà che alla vista si presenta meno complessa di quel che è.
Raffaele aggancia lo sguardo della ragazza seminascosta e capisce che è lei che devono incontrare…ma intuisce che non è ancora il momento e per un attimo restano sintonizzati visivamente in una danza della percezione che introduce nell’intimità del sentirsi…ed è così che si conoscono profondamente. Passato oltre il punto dell’incontro Raffaele ha la visione chiara che la propria vita non è più quella dell’attimo trascorso, un oceano tra un prima ed un dopo è sorto dal nulla ed ora sente il peso e la responsabilità dei propri passi al rintocco sul selciato, guarda i visi dei compagni e finalmente vede il sentimento che lì lega. Le parole: “ne servi ne padroni” prendono un peso nella realtà di Raffaele e negli occhi scorrono le immagini del ricordo delle tante volte che sbadatamente ha visto un gruppo di barboni, zingari, extracomunitari, drogati, o disperati a zonzo per la strada e la sofferenza di quel mondo marginale gli è sempre scivolata addosso, ma ora dopo lo sguardo d’intesa con la ragazza, la sofferenza arriva come un pugno diretto allo stomaco ed è difficile ignorare l’afflizione del vivere umano. Un ricordo del nonno gli sovviene tra il frastuono del traffico ed il pulsare del cuore, mentre gli spiega le tre nobili verità: – la vita è sofferenza, prenderne consapevolezza dell’ineluttabilità di questa verità, perseguire la via per uscire dalla sofferenza, perché ciò è possibile. Raffaele si ripromise di ricontattare la ragazza conosciuta sui social per riprendere il filo dell’intimità che un rapporto in esclusiva consente. Arriva sempre un momento che le cose ordinarie di tutti i giorni esplodono di nuovi significati e l’usuale diventa inusuale. Chiacchierare tra amici o ascoltare insieme della musica è un evento straordinario perché porta con sé il senso della vita. Per il gruppetto di compagni a volte succede che guardandosi l’un l’altro si rimane basiti per la magica emozione della condivisione.