Sento per la centesima volta la campana tubolare che suona nel centro del sogno ricorrente, avviando vibrazioni le quali propagano mutamenti nel campo magnetico. Lo sguardo non può cogliere quel continuo fremito che è l’inconsistenza della materia, ma la sensazione: “si”, può sentire la bipolarità di ogni cosa che si apre sotto i piedi come un crepaccio. Una vastità di inconsistenza è la fattualitá di ogni giorno nella schiavitù delle oscillazioni che se sempre più sollecitate dal calore ci rendono distruttori ed insofferenti di noi stessi.
Lo stile è racchiuso nel gesto delle prime vere giornate di primaverile aspetto. Il tempo è un breve respiro tra emozioni contrastanti nel viaggio panoramico tra il carnevale che si mostra e si fa sentire. Allungo le mani nel vuoto per prendere i tuoi ricordi ed accarezzarli come si fa con un cucciolo di cane. Mi sento portare via dal tempo o dal vento e piano scomparire dalle mappe del giorno, inquieto è il camminare su i sassi che da sempre ricoprono il palpito della propria terra. Ora sono qua nel luogo dove gli umori si miscelano con le nubi oltre l’orizzonte della finestra, guardando fisso ritaglio lo spazio umanizzandolo nelle forme per contenere quella sottile linea tra noi e l’ignoto.
La memoria si inceppa e scorre strattonando le immagini in sfocate sequenze, è una situazione che interrompe a momenti una serenità ambigua data dalla sensazione di sicurezza. La percezione automatica delle sensazioni scolpiscono la forma del corpo che si difende e poi si arrende all’ambiente. All’indomani della storia che si ripete torno nel paese d’origine dove è cominciata l’avventura. In anni lontani la prospettiva si flette al giogo della visione che trasforma le cose in emozioni. Si commemora una guerra lontana nel passato ed i propri eroi vengono usati per dirimere le odierne contestazioni, mentre si prepara la nuova battaglia che ha il sapore del definitivo colpo di mano sulla possibilità dell’evolversi in un essente privo dalla schiavitù dell’ente.
La cura per i passi lasciati dietro allo svincolo della storia quando una faglia ancora sottile ha diviso vivi e morti. Piccole scosse hanno solcato il selciato per decenni senza rompere la visione di una via per il progresso. Ma ora che la crepa si è allargata in modo irreversibile e le ali della percezione si sono essiccate, il mondo precipita nella sua stessa versione dell’infermo. Una forma di nostalgia si impossessa del sentimento che sempre più appartiene al racconto del passato. Nel presente si divorano le sensazioni a fior di pelle scivolando nel pantano della reazione scomposta. Un insegnamento resta racchiuso nel vincolo inespressivo sul fondo di un barattolo chiuso, pochi sono rimasti a riflettere sulla lentezza del pensiero nel cogliere la vivacità delle cose reali.
Tiro dritto lasciando andare il carro del vincitore che si è fatto arrogante nel seggio del potere. Un’anarchica aria di libertà nella solitudine delle parole dette senza ascoltatori, in una cocciuta impostazione dell’intendere come infinita possibilità dell’impossibile. I colori primaverili accarezzano il nervo della creazione trasformando i profumi in suoni nella sinfonia interiore. Un bacio dato di sfuggita come se fosse peccato amare in un teatro che si prepara a celebrare la morte. Questa mattina con il fiato corto ed il cielo scuro penso alle stelle oltre le nubi nel mentre i rumori del lavoro irrompono sempre più nel tentativo di calmare le acque. È sempre così nelle prime ore in cui si ritrova il consueto al suo posto, in attesa dì cominciare a danzare per la strada andando incontro al proprio dovere. Sono sequenze di suoni che si ripetono attraverso i colori lungo le diagonali dei nervi cranici fino a sfiorare l’esterno inesplorato.