Cosa bolle in pentola mentre fuori tira una brutta aria? In apparenza, tutto sembra uguale a se stesso; in realtà, le persone sono più rabbiose e il risiko per la supremazia è in corso. A stento riconosco i vecchi amici, se amici sono mai stati. A fatica riconosco me stesso in questo mondo, a patto che ci sia mai stato. In gioventù, alle feste, cantavo le canzoni partigiane con alcuni che la lotta di liberazione l’hanno fatta per davvero. Ora, mentre il ricordo mi commuove, il dubbio che si possa ancora aprire quella stagione è una possibilità quasi tangibile. Ci sono molti sentieri, ma le persone nascono vedendone solo uno, mentre in parallelo si snodano molte altre possibilità. È curioso come questo possa avvenire e come un’inclinazione possa prendere forza sulle altre. Le luci tremolano nella stanza oppure i miei occhi si sono stancati di dare ascolto agli oggetti. Vorrei sfilacciare il senso delle cose fino a perderle senza perdermi. Vorrei un po’ di tregua nella continua interpretazione dell’essente. Lasciando che la sospensione riveli che non c’è da rilevare alcunché. Dunque, si possono e si devono trovare le condizioni per amare in questo ginepraio di richiami e rumore di fondo.
Poche pagine toccano lo spirito e restano nella memoria, mentre l’ansimare della vita si spegne lentamente. Inquieta il nostro restare aggrappati a uno scoglio di senso. Cerco con gli occhi quelli che, come me, si sono sempre sentiti fuori posto, che fin da subito hanno cozzato contro le istituzioni e hanno perso. C’è una forma di profezia nei discorsi inutili: sono sempre quelli che vanno per la maggiore, ma vanno soppesati, perché dicono sempre ciò che non dicono.
Ho imparato a salutare anche chi non mi garba. Ho imparato a restare sotto traccia per non essere umiliato. Ho imparato ad augurare il bene anche a chi sprofonda in una abissale ignoranza. Ho appreso la forma sbilenca di questo mondo. Ora che il cielo si chiude, vorrei disimparare ed essere scorbutico e invisibile nei luoghi comuni. Meditare sulla schiena dei grandi, a volte, facilita la riflessione. Ma i grandi sono universi così attrattivi che rischiano di risucchiarti nella loro orbita gravitazionale, senza più via di fuga.
Si corre per dare un senso al proprio corpo, il quale ha una forma poco duttile alla fantasia. Solo l’arte del ballo riesce a mostrare una trasfigurazione della fisicità in poesia.
Nell’indugiare calmo lungo il fiume verso la destinazione, può capitare di scambiare due parole con chi si incontra. In genere, il dialogo sembra superficiale, ma in realtà, non essendoci niente da contendere, non è affatto così. La parola diventa profonda, come lo sguardo che scruta nell’abisso. Spogliandosi dell’armatura del mondo della tecnica, si può restare nudi nel mondo della natura, trovando benessere nelle sole mani che toccano e nelle sole orecchie che sentono. Il gioco rincorre l’emozione verso un sentimento nuovo, mai provato prima, nella forma della povertà o dell’assenza di desiderio. Semplicemente, si guarda la luce, perché è di luce che siamo fatti. Rincorro le idee che emergono durante il giorno, in fondo a uno scaffale di stoffa grezza risalente a tempi antichi. Oggi è un giorno festivo e, come al solito, i rumori della città mutano, permettendo un pensiero più sereno. Alcune adunanze di protesta scorrono senza lasciare traccia: in apparenza, tutto il dissenso viene risucchiato dall’omologazione. Una sola idea prevale, e difficilmente la consuetudine interroga l’adeguatezza del comportamento. Alla fine, come sempre, solo il fuoco può fondere l’inflessibile, incurvare le certezze o annientare le incrostazioni. Il calore è il vero fulcro del divenire, e la Terra brucia se stessa per salvarsi dai suoi abitatori.