Una nuova giornata

Uno scuro presagio calato nel primo mattino, tra le serrande abbassate e l’intimità raccolta. Una pioggia fine spegne il richiamo dei colombi cittadini. È una nuova giornata che inizia tra lo spopolamento estivo ed il calo delle attività. Solita rassegna di articoli giornalistici con sguardo guidato su fatti del mondo, una idea che si srotola e si ricompone a seconda delle influenze. Ciò che mi rimane da fare è leggere al contrario per cambiare il senso e dipingere i fatti con colori diversi. Al di fuori dell’usuale c’è un modo di manipolare gli oggetti fantasioso che apre la porta al racconto. Non sento la necessità di mischiarmi alla folla che in modo indecente punta al rovescio della medaglia. Un suono tiene unita l’atmosfera ad un pianeta che spinge per espandersi oltre le proprie possibilità. Sembra che l’universo sia il nuovo orizzonte della natura che per arrivarci dovrà deflagrare. Un sogno ad occhi aperti per un secondo ha attraversato il campo visivo. Mi è sembrato reale il suono che ha invaso l’attenzione, così che per un attimo ho visto il mondo in pezzi espandersi nello spazio. È il respiro che ci tiene incollati all’aria che ci contiene, in una dipendenza estrema di cui non vogliamo darne atto.

Quando termina un percorso, di solito inizia un nuovo sentiero. “Sentiero da sentire”, perché è così che il mondo si percepisce nella sua vitalità. A volte, il “percepire acuto” può essere sofferto, ma riempie d’emozione l’esistenza. Così, ogni cambiamento porta a una svolta nel guardare, udire, sentire e toccare le cose quotidiane. È come quando un quaderno finisce e ne inizia uno intonso. Si ha quasi timore di solcare la pagina con il primo segno, ma è così che vanno le faccende della vita: si va avanti, migliorando se possibile. Oggi festeggiamo una fine in cambio di un inizio, con il sorriso con cui ci siamo sempre incontrati.

Tra le panche per anziani nel ristretto giro di una sosta sotto i pochi alberi rimasti. Girano alcune battute posate lì, con non curanza, lasciando che le parole tornino ad essere importanti. Suoni densi che depositandosi riempiono vuoti. Con ancora il tempo che alita sul collo, cerco di darmi una calmata. Vorrei ascoltare nella lentezza e lasciare che i significati appaiono insieme ad i loro contrari. Uno sguardo che domina l’essenza nell’ insieme delle esistenze. Come quando da bambino in preda a crisi non bene identificate, il senso cadeva in un indistinto essere senza nulla.

Controllo sempre tra le pieghe del discorso le sensazioni all’interno dello spazio silenzioso. La maggior parte delle decisioni nascono da oltre il bordo del dialogo, come se il parlare fosse solo un atto dovuto. Sarebbe interessante che tutti i consessi formali siano tenuti nel linguaggio delle mani adottato dai sordomuti. Stringere sulla responsabilità dei significati delle parole può essere un buon inizio per comprendersi. I volti che vedo passano oltre intrecciandosi con i ricordi. Mi capita che semplicemente alcune fisionomie svaniscano, alcuni luoghi calano nella nebbia evaporando con essa. Resta un frammento di casa, che si sovrappone alle case che sono state. Lungo questa asse del comprendere si trovano mediatori formidabili. Che nella storia hanno seminato segnali e diademi da cogliere. Ora che le gambe non corrono, ma si accontentano dei brevi tratti del consueto. Mi trovo a meditare quelle parole soprattutto nella parte che non dicono, come quando guardo la foglia sull’albero che è già caduta da un pezzo. Saluto chi non vedo, e passo oltre dalle pietre d’inciampo. Non vorrei soffrire per altri, ma il destino ti concede una sola natura, e la mia è senza pelle. Quindi silenzio e camminare come se non ci fosse un domani.

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