Nel cortile, le galline girano in tondo ammiccando le une alle altre in un linguaggio che non conosco. Ci sono anche altri abitatori in questo spazio ristretto, ma sembra che tutti vadano d’accordo, senza turbarsi a vicenda. Dalla campagna proviene, trasportato dal vento, un profumo di erba tagliata, e la distesa dei campi pare palesarsi davanti agli occhi. È un mattino che ha già assaporato una colazione condivisa con gli animali della corte, e il cielo, ingrigito dal freddo, sembra un rigido soffitto.
Contare le cose che si hanno attorno e si possono toccare fa sì che il resto tenda a svanire come una nuvola di fumo sbuffata da un impenitente fumatore. I passi che separano la casa dall’inizio di un prato diventano il palcoscenico di una trama d’avventura. Ancora prima che si alzi il sipario, già le costellazioni muovono i segni del destino, entrando nella magia dei sogni ad occhi aperti. Richiami e chiacchiere si intrecciano tra incerti navigatori, intenti nella recita di un copione che a volte si ripete, ma che altre volte pare nuovo. Come oggi, risvegliandomi in un albergo anonimo, ho rivisto la grinta di una vita passata senza meta.
Le fobie si insinuano dagli occhi verso il profondo intestino, percorrendo vie antiche. Come segnali, ricordano la vacuità della vita che tende inesorabilmente alla trasformazione. Il senso identitario tende a scemare nella paura, in un tentativo di sopravvivenza alle calamità. Non so perché pensieri oscuri si insinuino in un giorno articolato che si intravede al di fuori della mia casa. Resto fermo, indeciso sulle azioni da intraprendere, mentre tutto il resto scorre e si allontana. Ci sono giorni così che pesano più di altri, come se il cielo si stringesse attorno a me, non in un senso amichevole. Pare che le parole si siano mutate in un ringhio non più accomodante.
Il rombo di una moto penetra tra i mattoni, strattonando l’udito per vie non volute. Quante cose si devono fare senza intenzione, anzi, contrariamente a ciò che si desidererebbe. Forzati da un sistema semantico che, alla fine, non è altro che la legittimazione di se stesso. Rimango fermo, appostato al mirino della mia attenzione, seguendo le prede che sonnecchiano ignare nello stagno riflesso dalla luce notturna. Lascio vagare l’idea che si possa trascorrere un tempo indefinito a guardare uno spazio ristretto, mentre sagome vanno e vengono dal quadro osservato. Come se giorno e notte, in fondo, si eguagliassero nella stessa via.
L’indagine permette di inquadrare una situazione sfuggevole all’interno di una cornice più ampia. In termini tecnici, si tratta di un falso che imita una possibile versione della verità. Tra verità e menzogna, non è facile districarsi, perché le emozioni giocano un ruolo imprevisto nell’interpretazione. Mi sento a disagio con qualsiasi definizione; non appena viene avanzata, perdo subito la sicurezza del significato. È un bagno di sangue o solo sudore e lacrime? Questo continuo oscillare senza una ragione stabile mi confonde. Ti guardo, sperando di rubare un po’ della tua sicurezza per trovare un attimo di pace.
Dentro alle frustrazioni dei racconti che, giorno dopo giorno, si insinuano nella mia memoria, mi sento ancora ancorato a un mondo di incertezze. Resto lì, inerme e vulnerabile, esposto al vento dell’invecchiamento che scava rughe e modifica la mia fisionomia. Il lavoro quotidiano, ormai radicato fino alle viscere, sembra impossibile da estirpare. Nessun cambiamento appare plausibile senza morire simbolicamente in questa fitta trama di consuetudini che, silenziosamente, guidano la mia esistenza in un ciclo automatico, dal giorno alla notte. A volte, mi sorprende il ricordo di un sogno, e mi accorgo dell’esistenza parallela che il mio corpo vive, diversamente da me.
Un trafiletto leggero sul giornale servito come carta da pacchetto per frutta e verdura. Parole con inchiostro scolorito che balzano all’attenzione proprio in virtù dell’uso improprio. Una fantasia sul tema principale che ti sorprende inaspettata mentre il tempo scorre nella spirale tra dimenticanza e ricordo. Il punto è proprio davanti agli occhi, la conoscenza che conosce se stessa mentre impara a conoscersi. Un gioco dei ragazzi per strada che cercano monete per appesantire le tasche e tintinnare il passo.