Le trottole pensanti sono chimere sciolte dal vincolo dell’obbedienza, mentre solcano la terra battuta da molti spiriti chinati sul proprio destino. È un’immagine evocativa del lento progredire del dipinto sul muro che separa il giorno dalla notte. Nell’intimità, si possono delineare le figure disturbanti che, di solito, non vengono presentate nei consessi pubblici: personaggi ristretti in spazi inconsci, la cui comparsa in superficie, in alcuni casi, stupisce e spaventa. Tuttavia, sono sempre stati lì, come abitatori della casa a noi propria.
Il clima di sofferenza investe la ruggine sentimentale di chi è rimasto indietro nella foga di altri, accaparrandosi le cose e accumulandole in un sovrappeso imperante. La natura, di per sé, se ne sta in disparte, lanciando ogni tanto colpi ben assestati per richiamare un’attenzione andata persa nella cultura del capitalismo. Sembra quasi impossibile cambiare l’inclinazione del significato dello stare al mondo; tuttavia, sarà inarrestabile la natura quando deciderà di prevalere sui sogni della volontà di potenza.
Non credo che basti raggiungere Marte per sfuggire a questa condizione, perché ovunque si vada, la propria natura ti segue; la pelle, con sangue, vene e tutto il resto, pare siano inscindibili dall’essente.
Mi inoltro, come ogni giorno, nel sentiero scaldato dal sole, che ancora non risparmia il proprio sguardo al mondo. Conto i passi e respiro al loro ritmo, mentre nelle orecchie risuona il ribattere delle suole sulla terra. Il tempo, che determina la mia motivazione al movimento, si attenua, dilatando la percezione di tutto ciò che mi circonda. Camminando, sogno la speranza di passare indenne in altre dimensioni, dove lo spettacolo si mostra nella bellezza mostruosa della verità. Ai lati del sentiero, i richiami e i sussurri degli abitanti del bosco si fanno percepire, ma, con grande dispiacere, non riesco a capire cosa dicano; un poco m’inquieta la sensazione di trovarmi in terra straniera. Un masso a bordo via sembra ideale per una sosta, e così mi fermo nel silenzio dall’umano, da cui il posto è riservato. Rimango stabile nel giorno in cui ho deciso di fermarmi, come un sasso, e riflettendo sul passaggio delle varie ere, nulla sembra più così importante come l’inclinazione del raggio di sole che colpisce il fondo del mio occhio, succhiando una lacrima alla rugiada del giorno. È un dono nel circolo costante delle elargizioni esistenziali, che mantengono il senso di una cultura.
A volte, il pensiero sorvola sugli aggettivi, prestando attenzione unicamente ai nomi propri. Sembra rassicurante un nome che rimane fermo, come una roccia insensibile ai richiami di cambiamento dei predicati. Una favola lilla nel cuore della sera si esplicita attraverso le frequenti gesticolazioni, che sono il vero tema del racconto. Come diciamo a noi stessi le frasi, così ci viene restituito il comportamento. Agisce nel sottosuolo della coscienza la costruzione metafisica del dialogo, che porta con sé la violenza della volontà di ragione.
In questa struttura di incontri e scontri permane l’incomprensione dei viventi, che non vogliono scegliere la colorazione del tempo in cui vivere. Le donne celano una rinnovata possibilità di ridisegnare i confini dei mortali e del loro inconscio, poiché conoscono sia la realtà che l’irrealtà di essa. Possono, se vogliono, ammutolire la violenza, avendo acquisito conoscenza di ogni minima variazione e strategia di essa. Possono tacitare i mostri che, sulla forza di un segno maschile, hanno tratteggiato il modo di comunicare tra le persone. Il verso poetico femmineo accoglie ogni essente in pari misura rispetto alla volontà di potenza delle infinite normazioni.
Tremolante come le mie mani, da cui tutto scivola, anche i pensieri si fanno fumo. La nebbia, a tratti, rende ostile il proseguire verso una destinazione ancora ignota.