Costellazioni

Il ritorno atteso, mentre giro l’angolo venendoti incontro, nel giorno qualunque, tra i molti che si sono succeduti. Un amore continuo che ha cambiato la sinfonia della solitudine, in una aria barocca sullo sfondo austero dell’ essenziale. Sono i nostri momenti, quelli che si lasciano toccare dal filamento invisibile dell’infinito. Non tutto per forza è esposto come verità sotto gli occhi di tutti, anzi il nascosto racconta storie diverse della verità e dell’amore che è cura benevola dell’altro. Ad uno schiocco di dita il cane rizza le orecchie ed in quel momento la sintonia è perfetta, uno spazio nullo ci divide nella terra di tutti.

Un viaggio lungo la linea che dal cristallino, passa in diagonale verso la terra calpestata. È solito pensare un passo dietro l’altro chi non ha futuro e viaggia tra le bombe, frastornato dalle parole di rassicurazione, che da lontano vengono lanciate un po’ a caso sul campo di battaglia. Nel cielo, le stelle si guardano, mentre proseguono la peregrinazione nel vuoto delle tante illusioni, lasciate decantare nel firmamento. Anche oggi, la riflessione improvvisata è più un lamento, che una pacata sequela di parole immaginative. Dentro al guscio si muovono le ombre, che sono solite spaventare il risveglio dell’alba.

Gesti quotidiani si profilano lungo l’androne della scala evocando in tutto il condominio scene immaginative. La quotidianità piana martella la coscienza in un regime di normalità, per mantenere la ripetizione delle routine. Dentro e fuori casa il brulichio delle identità si confondono con una unica volontà. Nascosto al mondo, invecchiando, si diventa giovani, e fanno un po’ ridere le manifestazioni di forza adolescenziali. Oggi il cielo si è scurato, in un piombo accogliente, che restringe il campo della vista in una intima inversione verso l’interno. Da lontano sento i saluti, che piovono non voluti, sulle stanze che vorrei tenere chiuse.

Le strade si animano perché i colori vogliono fiorire quando per lungo tempo l’oscurità ristagna sulle cose. Un movimento oscillatorio di protesta per riportare in vita pensieri sopiti o sbadigli annoiati. Qualche slogan nell’eco della quotidianità proveniente dal passato disegna speranze nel corteo del centro. Giovani e vecchi che incontrandosi scoprono di non essere così diversi. Sono le riserve in cemento che eludendo la realtà separano i pensieri uguali in diversità. Un unico modello filosofico sterilizza il circolo delle possibilità ed inchioda il mortale al proprio padrone. La paura è il motore odioso che insabbia la vitalità in una palude fangosa.

La deformazione della linea retta si propaga oltre i corpi celesti in una rettitudine divina. Scogliere sospese nello spazio gelido in una fioritura di cristalli che per un occhio inquieto appare come una cascata di luce abbagliante. Uno sguardo che coglie il firmamento mentre il resto del pensiero si chiude su se stesso. Vorrei andarmene un po’ a zonzo, con la testa tra le nuvole, lasciando in disparte la discorsività e la preoccupazione della sofferenza. Meditare senza parole, senza immagini, senza odori, senza senso, solo compassione con il vuoto oltre il crinale della vita.

Per poco… ancora disteso a sonnecchiare, in una coltre ovattata dall’ inerzia, verso il movimento che morde: l’ incominciamento. Qua e là battute fanno eco alle stanze che nel tempo hanno perso il colore originario. Una sfida, la giornata che inizia con il caldo dell’estate, ed il chiarore che abbaglia: non solo la vista ma anche le idee. Attardarsi è un’arte, che permette di cogliere la frazione di vita che sta: nella pausa nascosta dell’invecchiamento. Un modo per rivisitare i fatti con giudizi diversi e occhi cambiati. Camminando avanti e in dietro, dentro la metafora di: una pellicola da cinema che può scorrere in entrambe le direzioni.

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