La luce negli occhi

Ci si porta dietro l’infanzia… infagottata alla rinfusa ed insaccata in fondo alle tasche. In alcuni momenti si affonda le mani nelle tasche per ritrovare il gusto di essere stati giocosi. La schiena si china nel ricordare, e questo gesto ha il sapore dell’invecchiare. Dicotomia tra mondi reali e sogni, tra giovinezza e maturità presenti nello stesso tempo come un paradosso di Zenone. Parlando a voce alta ci si ascolta con più attenzione cogliendo la vibrazione che nell’aria coglie il movimento. E allo stesso tempo si afferma la propria presenza che non è scontata nell’epoca in cui tutto si smarrisce.

Oggi rintocca la fanfara del gradasso “corto” di idee e con soldi da spendere, egli solo rompendo la quiete degli altri può trovare soddisfazione. L’ignoranza è un atteggiamento o meglio una postura per tagliare la realtà in quadrati netti e assimilabili a poche battute. Questa modalità produce parecchio scarto nel significato complesso degli Enti, ma facilita la violenza nel troncare ogni sfumatura poetica della diversità. Quando i campi da gioco delle idee si restringono la fanfara del gradasso si espande fino a bruciare la terra dove il contadino semina, fino ad infiammare l’aria dove i bambini giocano.

Guardo perplesso il canto che spira lungo la colonna di veicoli in attesa di un segnale, racchiusi nei gusci degli esseri senzienti maledicono un creatore mai conosciuto. Al solito i pensieri si presentano disordinati come folate di vento che smuovono la polvere per poi lasciarla distesa senza meta. Oggi il passaggio tra sonno e veglia ha richiesto un tempo che sfugge al calcolo e non vorrei che le incombenze iniziano a premere conquistando il potere sul corpo. La lentezza è concepita come un danno dagli ignoranti della prestazione, invece è proprio andando come la tartaruga che si semina l’Achille.

Torno con frequenza nel luogo dove dirada la luce della sera verso un buio nascosto oltre la volontà dello sguardo. Intrattengo una sorta di dialogo con l’oscurità che tende una mano per farsi sentire, ed in quel momento scorgo gli occhi opachi che stanno fermi dentro al mio cuore. Vorrei sospendere il tempo ma non ne sono capace, come non so nulla del mondo oltre ad esso…ma sento una presenza che non è nelle solite cose consuetudinarie. Un oltre che permane inesorabile nell’oltre all’infinito come questa vita che si ripercorre mille volte e poi ancora per mille.

Il corpo ormai si rifiuta nel quotidiano di seguire i movimenti dovuti, si ribella dopo anni di costrizione ma fare ciò che non desidera. Una lenta rivoluzione che capovolge i significati delle parole comunemente usate. Una lenta riflessione su ciò che davvero conta in questo intermezzo tra vivere e morire, tra amare e odiare. Perfino il cielo ha cambiato colore e gli uccelli cantano di notte perché l’alba ormai è in appalto agli urlatori del consumismo. Il cuore batte difettoso nella piena del tempo belligerante in cui saldamente rimangono in testa solo gli slogan maschilisti su cui soccombe il regno dell’égalité.

Riprovo a ripercorrere le tracce lasciate dagli antenati sparse nel vuoto dell’ incoscienza. Un tentativo di uscire dal pensato per trovare la nudità di ciò che sta innanzi. Non è certo una novità questo ricercare ma serve a volte per ridefinire le priorità in una vita costretta alla schizofrenia. Restare appesi allo sguardo agganciato alla tela di un quadro che rappresenta la burrasca di un mare che inghiotte una nave. Soggiornare nel paesaggio rappresentato fino a diventare l’incarnazione della stessa burrasca e affondare nella vastità del mare per ritrovare la voce dei molti passati.

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