Sotto questa nuova luce dal cielo chiaro dopo la grandinata si propaga il profumo dell’inizio di un ciclo con novità nell’aria. Sono le sensazioni che impadronendosi dei centri ricettivi lanciano messaggi di cambiamento. Sono sempre le speranze che conducono gli umani sulla strada a guardarsi l’un l’altro in un riscontro che ci possa essere qualcosa di migliore dall’attuale. Le voci si rincorrono tra i conflitti in atto un po’ ovunque e nulla sembra più necessario di una voce discordante che rimetta le cose a posto. È un sentiero impervio procedere verso il senso inaudito della costellazione dei significati originari i quali lasciano il mortale nudo nella sua superbia.
Sperduto ed ancora intontito dal sogno che rannicchiato nel fondo dei nervi non vuole mollare la preda al mondo delle cose. Sono sveglio nelle consuetudini ed ascolto da oltre il muro i discorsi frammentati di altri che come me cercano ossigeno per sopravvivere. Aspetto nella penombra che i colori diventano vividi a sufficienza da attirare il significato a loro assegnato. Così mentre ci si sveglia la luna si attarda a comparire nell’altra parte del mondo e con essa i sogni che ogni giorno fanno il giro del globo invecchiando un poco per volta.
La musica scorre tra le dita ed il ruscello balla dalla rupe impavido. Scorcio di un paesaggio nella landa dei pensieri che si sovrastano un po’ dissoluti nel frangente di apparire. Sono queste le ore dei ripensamenti, quando sembra che le cose sono andate tutte storte, ma appunto sono andate. Da lontano un richiamo si apre una breccia per riscuotere l’assenso. Sono come preghiere nell’aria che dipingono il cielo di buone intenzioni, ma appunto sono intenzioni. Si rimane sospesi nell’indecisione del cambiamento che non cambia mai nulla se non l’illusione di un passo di lato. Ora che stando fermo mi accorgo che tutto si muove e la testa gira m’arrendo.
Di fronte l’immagine delle cose che si distendono dentro un quadro più o meno adeguato ed esse si muovono in sincrono con il passo cadenzato del divenire. Afferrare, sbriciolare, manipolare sono piccole deviazioni dal percorso che già da tempo è predisposto in una unica versione del possibile. In alcuni frangenti di scarsa attenzione o di assenza di sé, si può aprire il varco del nulla come vastità di ogni insignificanza. In questi momenti cullati da una deriva verso un porto sconosciuto ci si ritrae quasi ubriachi nella risacca degli istinti sospesi.
I ricordi sono il fulcro del racconto che dimentico di sé si rinnova nella luce che sfrecciando negli abissi stellari crea il creato. A seguire i suoni che moltiplicando le vibrazioni sostengono la narrazione nel sentimento. In questo fluire noi siamo le pedine della sorpresa che ogni volta ci lascia a bocca aperta restando increduli dalla drammatizzazione. Porto solo parole in dono all’amata perché non so fare altro in questo dissesto sociale in cui cerco di ritirarmi. Una fuga lungo la via stretta dell’oblio in cui poco alla volta gli sguardi altrui non ti vedono più. Così non mi resta che annusare fiori lasciati incolti perché tristi come la fila di cani che al guinzaglio ci pisciano sopra.
Da sotto le mura il passeggio nel tempo mischiato tra antico e brezza del presente. La confusione investe una intera generazione che assiste al disfacimento di intere colonie di significato. Dare un nome al presente è difficoltoso perché sfugge il senso di un suicidio annunciato. Sento il bisogno di urlare un fermo immagine per entrare con calma nel particolare della pazzia per rimuovere le incrostazioni infauste. Una forma dell’educare è il silenzio della presenza in cui si sta senza pensieri immersi nella fluidità dell’ora senza limiti.