Dal fondale qualcosa appare

Al solito nel gelo del primo risveglio alcuni incubi permangono sospesi nello spazio ancora rarefatto della realtà. Rimango immobile cercando di ricordare la mia età che mi sfugge in questa mescolanza di immagini e umori provenienti dal sogno. Si comincia con una attenzione al respiro per radicare una permanenza nel presente, poi con calma il corpo prende forma e dolore della propria fragilità. Una meditazione sul meditare, respirando cercando di superare le sincopi e gli strattonanti inciampi del dialogo interno. É la paura dell’ abbandono che costantemente si insinua nelle costruzioni sintattiche rendendomi difficile mantenere quella solidità che a volte mi è utile per lavorare o semplicemente per essere un prodotto sociale. La ricercatezza nella scelta dei colori sullo sfondo immacolato rende l’impresa interessante in quanto ciò che appare è la profondità che sostiene la fondatezza. Macchie di vernice fresca come sangue sparso sulle evidenze di una modalità del mondo incomprensibile, una scacchiera le azioni in cui i corpi si strappano l’un l’altro. Vengo al mondo circospetto guardando a destra e a manca, con la sensazione che già fin dall’inizio il battesimo non è altro che un tentativo di essere sbranato. Non c’è religione che sia scevra da violenza, velata o esplicita la persuasione avviene in modo coercitivo, nessuno sembra voler fare lo sforzo di tramutare il linguaggio in gesta pacifiche. D’altronde come può la pace attecchire sul suolo della proprietà privata? È una contraddizione in termini che non possono coesistere. Nelle vie scorre il fiume delle voci che rincorrendosi formano canoni e fughe in sincronia con il pulsare del traffico. Una immersione nel cemento per riconnettersi alla realtà di questo tempo che non sarà né eterno, né storico. Avverrà per caso un giorno che ci si volterà in una altra direzione e il mortale cesserà la propria esistenza. In fondo cosa conosciamo di tutto ciò che ci circonda? Nulla! Metafore della lingua che ripercorrono costrutti con variazioni infinite. Il gioco dei bambini rimane il principio per la comprensione delle bestialità degli adulti in questa cultura urbana in cui tutti estremamente vicini e nello stesso tempo abissalmente lontani. Il treno sta passando bucando i caseggiati per sbucare lungo i prati coltivati perdendosi in lontananza in linea retta. Con esso anche il mio sguardo si perde nella lontananza in una eterea costruzione di fantasie e suoni. È un momento fugace di una qualsiasi giornata, in cui basta poco per perdersi in altre dimensioni, foriere di suggestioni che in uno stile asciutto e minimale dilatano l’orizzonte della comprensione . Agganciato alla coda dell’ultimo vagone mimo il viaggio che potrebbe essere ma non è, e…nell’istante in cui, richiamato torno al compito, ed il corpo grava nell’aria ferendo l’animo inconsapevole. Uscire alla chetichella é un modo che mi appartiene da sempre, non riesco a sovrastare altre voci, parlo solo se vengo ascoltato. Da ragazzo pensavo e vedevo le cose in modo diverso dagli altri, così con il tempo il restare in disparte è stato spontaneo. Oggi capisco che ci sono molti modi di usare la visione e molti modi di interpretare le sfumature, tra un contorno e l’altro si aprono spazi in cui colare a picco, e vuoti che risucchiano i colori per infrangersi sulle rive di altri limiti sprofondanti. Un tocco di pazzia è sempre nell’aria che sbatacchia le ciglia di un qualsiasi insonne sognatore.

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