Da lontano la vedo arrivare con il solito passo che segna un modo di opporsi alla gravità dell’aria, tagliando per la via più corta il muro invisibile che tutti i giorni ci impedisce di volare. Leggera sembra sfiorare il terreno senza alzare la polvere, l’oscillazione della testa asseconda il passo spiando ad i lati la misura da tenere nell’ andare. Lei, che in un giorno qualunque ha stravolto la mia solitudine infilando la propria musica nel mio letto, lasciandomi poi senza più possibilità se non l’attesa dell’incontro.
“Dentro e fuori l’aria riempie le rientranze con una certa cura a non lasciare niente nel vuoto, ed i colori non mostrano questi movimenti quotidiani tra gli elementi visibili e invisibili. Molte delle cose che esistono passano per intere ere senza essere notate ma nonostante ciò sono fondamentali per far sì che le persone siano proprio quelle persone”. Per Lei che camminando leggera è colta da questa riflessione in punta di lingua balenata nell’istante in cui non ha più udito i tacchi sollecitare l’asfalto e per un attimo passato presente e futuro sono scomparsi per lasciare una chiazza uniforme del tempo mummificato in strati concentrici.
Come consuetudine ci si trova all’angolo dove il traffico morde in modo minore i padiglioni uditivi. Un cenno di saluto per riprendere il discorso da dove è stato interrotto. Così vanno le cose alla fine del mondo vicino all’inizio del mare profondo. Per un caso si è deciso di stare sulla terra e la casualità ci ripoterà in altri elementi per sopravvivere. In fondo l’unico scopo evidente in tutto questo incontrarsi e lasciare la possibilità che altri rimangano vivi. Dal cortile rumori, forse hanno deciso di avviare i lavori per la manutenzione, è sempre una sorpresa quando avviene un qualcosa che ormai non si attende più. È incredibile come le macchine con il loro rumore abbiano ormai invaso ogni angolo della città, non è più possibile avere un orizzonte su un parco, una chiesa, un monumento, un pezzo di antichità senza la presenza di un’auto. L’abitudine alla follia è un aspetto del vivere che ci viene facile facile come bere un bicchiere d’acqua pagandola cara. Guardandomi un po’ in giro sento la puzza del cambiamento maligno, il cambiamento che vuole riportare le idee al passato completamente inventato ma su misura della legge del più forte, cioè chi ha più soldi.
Oggi intravedo salire sotto lo sguardo vigile del bulldog la mia anima da sotto la cantina immersa nell’odore acre ma buono della muffa. Un’anima emaciata dalle continue lusinghe delle parole che chiudono le idee in caserme fatte di cemento e silicone. Provo ad intonare un verso da una vecchia ballata dell’Appennino tosco emiliano quando la libertà era cosa chiara e si difendeva con il fucile. Non mi esce niente dalla voce per cui mi accontento di cantarla nella testa come partecipando ad un banchetto di nozze. La mia anima uscendo dalla cantina ha portato con se i ricordi di un vecchio partigiano, ed ora mi ritrovo con un gusto da patriota e la rabbia di un ribelle. Sono solo luci e ombre della storia che nell’infinito apparire degli eterni sollecitano le terminazioni nervose dei corpi muovendole come marionette. Il sole dell’ avvenire ha già compiuto innumerevoli cicli anche in solitaria non essendoci nessuno ad ascoltare il richiamo del cambiamento.
Ha bussato per l’ennesima volta alla porta che resta celata nell’abbandono della casa vuota. Perché continuare ad insistere nell’entrare in un posto dove non c’è nessuno? Eppure ad intervalli regolari il bussare si ripete come un rintocco della storia in cui un fuori ed un dentro si sfidano a duello. Io che osservo dico che: “non c’entro niente con questa storia”, non sono nemmeno presente sulla scena, ma vedo e sento il bussare da dentro la curvatura del mio asse quando nel dormiveglia le cose sfuggono di mano. Ora vorrei svegliarmi perché i rintocchi rintronano in modo doloroso ed il Lugo si fa angosciante in questa mattina in cui il giorno non si vuole accendere.