Le vicende accadono (maggio 4)

Le vicende accadono sconnesse ripiegate nell’asse obliquo della configurazione stradale quando cadendo l’asfalto si insinua violentemente nella pelle del viso. Trovarsi a terra è una delle tante situazioni che possono accadere mentre si corre il rischio di camminare, affrettati dal pensiero ossessivo della lista delle incombenze da svolgere. Un pensiero nel sottofondo della fretta si insinua:”siamo tutto qui, liste incombenti e spostamenti d’aria nella fretta del fare le cose”?

Steso sull’asfalto fermo per la prima volta, in completa assenza di movimento ristetti assente a me stesso Il tempo necessario ad inceppare la complessa macchina del divenire, inserendo il dubbio del forse nulla è mai stato. Una bella botta in fronte e via, riemergo dal buio vergognoso per avere mostrato la debolezza e la goffaggine del corpo. Dolorante proseguo nello scavo dei commenti verso la meta oltre il quartiere immerso nella frenesia del sabato pomeriggio.

La politica gridata nelle forme solite della persuasione e dell’inganno rendono le chiacchiere slogan da baratto sotto casa, mentre avvinazzati si contendono la scena nel lustrare il commento più forbito. È un esercizio buttare lo sguardo mentre si percorre le rappresentazioni quotidiane, intuendo il sentimento che sta dietro alla carne di solito celato da anni di cattiva educazione.

Certo una botta in testa non può rivelare la verità, ma per un momento libera il campo da equivoci spazzando la coscienza dall’inutile vana gloria per ristabilire il contatto con la vacuità. Un breve tratto di strada con la rivelazione del Buddha al prezzo di una emicrania passeggera. Per strada l’odore dell’inquinamento fa colare il naso in un fastidioso gioco al risucchio inalando veleno e consapevolezza che niente può cambiare l’ottusità delle abitudini nel farsi del male, come se il piano dell’organizzazione umana sia il ridurre la popolazione stessa per asfissiamento.

La Terra di tutto ciò, credo, ne sia indifferente, ha organismi in se che possono sopravvivere a tutto. La vera verità della verità è un ritornello abusato da chiunque non capisce la verità, ormai è un modo di dire svuotato dal significare di un senso che rimane fermo irremovibile appunto perché verità. Parlare di verità nel senso comune è chiacchiera d’opinioni che cercano di prevalere per imporre procedure. I burocrati parlano di verità perché per prevalere hanno bisogno della menzogna che per essere posta ha bisogno di una condizione di verità. In sostanza mi è difficile cogliere un concetto che se vero rimane indiscusso per l’eternità, ma è l’unico modo di pensare la verità ed al momento il mondo ne è privo in quanto si sostiene sul pensiero scientifico il quale per sua natura vale fino a quando non è superato da un altro all’infinito.

Vedi per strade strani esseri pieni di rabbia, si aggirano fiutando l’aria con il corpo rigido in cerca di prede, il nemico è costruito nella testa, in anni di soprusi subiti, queste persone sono scansate finché un giorno colpiscono nella realtà una vittima a caso. Gesto senza ritorno, in quanto quando la violenza è data si avvia il risentimento e la vendetta. Ci furono anni in cui la violenza giustificata ha determinato delitti con consenso, in una brutalità generalizzata, le persone immerse nell’odio da tifoserie ha sgranato la società da ogni valore duraturo per consegnare la politica alla convenienza. Come è possibile svoltare? Come riuscire a modificare lo sguardo secolarizzato della violenza nelle forme della compassione? I miei ricordi scivolano come l’acqua dalla tavola imbandita, rispecchiando il riverbero della luce nei volti ancora giovani di chi ora vecchio se ne sta raggrinzito aspettando la fine. Le rughe solcano le mani mentre afferrano nell’aria vuota il senso di una frase evocata dal passato, gesti ingenui per non interrompere il filo di una vita lungo il viale che dalla stazione porta nel verde della natura.

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