Come sempre il ciabattare in giro per casa risuona in presenza dei pensieri che oltre al cranio si riverberano sugli oggetti. Gli oggetti animandosi donano carattere alle pareti che da tempo non vengono tinteggiate. Pareti che liberandosi dal giogo della gravità volano con gli uccelli su i rami vicino casa. Una casa che non lo è più, si trasforma in vento e pioggia che gioca con il sole di primavera a tratti caldo, e poi freddo con civetteria. Ciabattando per casa tutto si muove nell’aria fino e oltre ogni limite imposto.
Pulizie fatte ponendo attenzione al respiro ed ad i muscoli che tendono a fare forza contraria nel lasciare andare i movimenti. Sono da solo mentre intorno a me sembra esplodere una marea di intenzioni e frustrazioni per le occasioni mancate. Mi piace guardare la polvere che viene risucchiata per lasciare uno spazio vuoto dove per un attimo posso lasciare depositare la mia fantasia. Gesti casalinghi lasciati scorrere per lo più in sospensione dal giudizio, dietro le porte serrate dalla diffidenza incompiuta che gravita intorno alla forma umana scolpendola fino alla nullità e alla resa incondizionata al tempo.
I gesti per una certa cultura orientale sono importanti ed i dettagli sono enfatizzati in modo da distogliere l’attenzione sulla consuetudine. Nella quotidianità riprendere il filo di quel modo di sentire il mondo è una pratica di attenzione verso le cose e le persone più vicine: “proprio quelle che diamo per scontate”. Quindi al risveglio lasciare che l’attenzione venga attratta senza fretta dal risveglio di chi sta intorno e sentire compassione nell’immergersi insieme in un nuovo giorno. Per dieci volte inspirando penso al respiro che calma e espirando penso al respiro che guarisce. Fino a trovare il silenzio dentro al frastuono dei tanti me parlanti.
Una voce infantile parla dentro di me quando le onde dello scherno colpiscono nel segno il mondo antico che non posso più cambiare. Sono parecchie le scene che giacciono dimenticate in cui l’impotenza e la vergogna hanno prevalso lasciando un bambino nella disperazione. Oggi la corazza adulta attenua entrate ed uscite con una perdita nel valore del sentire la sensazione e l’amore. A più voci il canto si riversa nella casa appianando le istanze della vendetta sempre in agguato nella veste infantile, egli è un bambino diventato capriccioso ed incontenibile man mano che l’involucro invecchia. Anziani molesti possono ridefinire le leggi del tempo se il megafono della rivalsa scopre il coperchio dei segreti.
Il raduno sotto casa riempie per un attimo il cielo incrostato dalla fuliggine del risentimento per poi essere lavata via da una pioggia fine nell’ inconsistenza dell’acqua. Parole gridate per centrare il bersaglio e superare la molle indifferenza che accompagna chiunque addestrato ad obbedire. Di certo non mi dilungo in forbite spiegazioni per la rinuncia ad essere parte della contesa che continua per sempre sul selciato del passato. Sono radici quelle che spuntano dal terreno e spostano l’asfalto nel tentativo di respirare e di riappropriarsi del vento.
Uscendo di corsa imprecando; Gorki non si avvide della pioggia che sferzante tagliò in due l’asse stradale impedendo la visuale dalla cintola in giù, per cui riuscì ad infilare tutte le pozzanghere da lì all’inizio dei portici. Fradicio ripensò al discorso sul “divenire” che l’aveva fatto incazzare da parte dei suoi compagni di bevute. Non ci poteva stare per lui che il niente si mangiasse tutte le cose in una insignificanza di casualità dettate dal tempo. Si disse: “qualcosa deve pure stare fermo in questo casino e governare l’eternità” non se la sentiva di sparire così come polvere nel mare. Ed in quel frangente salì dalle viscere una angoscia che non lo abbandonò più.