Bambini (marzo 5)

I bambini si toccano per riconoscersi e girato l’angolo si dimenticano il passato non avendolo ancora inventato. Anche i nomi delle cose per loro sono variabili ed anche le cose stesse a volte sono altro da sé, o per dirla tutta: sono gli enti degli adulti che non corrispondono alle esigenze dei bambini. Incamminati per mano verso il cielo, quasi arancione, con un’aria ancora fredda… che spinge contro, complici nella passeggiate tra timide primizie di primavera. Siamo soli, come piccoli naufraghi in una deriva avara di versi poetici, abbandonati e sparsi lungo le rovine dei barconi, io ti guardo mentre la luce si diverte a rallegrare le gote in un rossore che mi gonfia il cuore. Tornando ad i bimbi che fummo in un presente antico fatto di pane e mortadella o pane burro e zucchero, incamminati tra le balle di fieno sparse a rettangolo nella vastità del campo come un’opera artistica. Incespicando con i sandali negli spuntoni duri del trinciato secco, ci diamo la mano per correre sfidando dolore ed equilibrio. La natura d’innanzi è tutto ciò che serve al nostro girovagare, uno spettacolo senza fine per le continue sorprese e l’assenza dell’ansia degli adulti che se incontrati riverberano una presenza di sogni estinti. Sulle rive dei ruscelli si apre uno spettacolo appena sotto la fronda verde, dove movimenti furtivi creano al nostro occhio un fermento fantasioso. Da piccoli, il rapporto con il cielo e ciò che lo abita è vivo attraverso un linguaggio del sentire che poi è destinato a sopperire, le cose della terra e le cose dell’aria sono animate nella rappresentazione dei tanti possibili mondi che da bambini possiamo creare. Questa linea apparente del tempo mi riporta ad un oggi che mi sembra stanchezza dovuta ad un peso del pensiero, e quindi l’assopimento riapre il gioco ed il richiamo dei vecchi amici. Oggi leggendo i giornali mi sembra che prevalga l’idea che la guerra in corso non sia tra popoli, ma tra generi ed in primo luogo tra uomini e donne. I vari fascismi prendono il vento in poppa sulla incapacità della coscienza critica di riuscire a governare la complessità delle divergenze che sono sempre state il fulcro delle nuove visioni del vivere. In questa realtà i bambini ritornano a contare niente, ritornano alla invisibilità perché usati dai regimi per finalità di propaganda. Il mondo possibile dell’infanzia popolato da eroi, fate, e abitatori del cielo e della terra bizzarri tornano nel sottosuolo del pensiero, scacciati dalla logica adulta che sforna servitori e odia le diversità. La magia è bandita dalla sponda destra, dal viottolo in evidenza, nella città degli scuri personaggi che si adoperano a costruttori di cubi, con cemento e ferro, impilati in più forme come cattedrali gotiche senza fronzoli, formate da parole secche e taglienti ad inquadrare ogni fatto in una specifica posizione: ‘senza fallo alcuno.’ Questa è un po’ la prigionia che ci aspetta lungo la via del prosciugamento delle risorse del pianeta che scaldandosi si avvia a generare maggiore energia per altre fonti o genere di aggregazione. Placido assenso nel torpore per il ripiegamento sul proprio asse di rotazione verso le viscere, un respirare dentro che si incrocia con la scossa della vulnerabilità. Mentre questo accade fuori piove ed è una pioggia insensata quasi priva d’acqua alle cui basi riporta il peso di una terra arida, riottosa al dominio della lama che vuole penetrare in un atto volgare senza curarsi della cultura delle zolle preesistente all’aratro. Come sempre i bambini si prendono per mano camminando nel gioco dell’esplorazione in cui davanti a loro si stende lo spazio della prossimità con le cose che ‘forse’ non esistono.

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