Ronzano nuvole di pulviscolo nel sottosuolo portandosi il discorso dei diseredati nelle parti più oscure delle case per bene. I topi accompagnano lo scorrere delle frasi che diventando slogan ingrossando il corso della protesta. I tempi maturano ciclicamente tra una maiuscola ed il punto per poi diradarsi nell’ortografia confusa delle indecisioni o nell’architettura incompleta. Oltre la Siberia i popoli fanno il giro rischiarando il cielo che sovrasta tutti in modo egualitario e chiudendo così la possibilità di una via d’uscita da una interminabile frase pronunciata dal padre eterno-occasionalmente ispirato-. A tratti brevi intervallati da lunghi come un codice morse, cerco di comprendere il cammino spirituale che in qualche modo suggerisca una via di fuga. Un allargamento alla stretta materica che comprime sempre più il suo significare sulla carne, ferendola e assoggettandola al dolore. Respirare oltre il finito dei propri polmoni per sentire tutto il resto, che nascosto è reietto alla conoscenza, conquistando un po’ d’aria verso lo spazio non piegato alle spiegazioni, ma libero come una prateria dove correre senza fiato e scopo. Questi sogni di primo mattino stimolano una colazione con aroma del caffè e miele per addentrarsi in pieghe non ancora stirate dal giorno nuovo. E…mentre la gastrite va giù duro sulle mucose sconvolgendo il sistema nervoso già incline al panico, mi trovo in quel ritaglio del tempo che ti fa sembrare abbandonato, e inutile oggetto ad i margini di un mondo in pieno avviamento e velocità. Ora che la realtà ha imparato a reggersi sulle tragedie ne è diventata ghiotta, e sempre più è a caccia di sensazionalismi eclatanti. La distruzione sguaiata è la nuova moneta del consenso, una trasposizione dal cinema alla realtà costruita nel tempo in modo impeccabile. Non ci resta che subire un’onda di rabbia rancorosa che non ci appartiene, ma che presto arriverà cruda e reale anche nelle case del primo mondo, ed in quel momento ci chiederemo dove ancora è possibile andare per sfuggire al calice amaro del rinnovo del benessere. Sento un peso nello stomaco che non mi lascia possibilità di accogliere altre storie, le quali si accumulano all’entrata della mia attenzione. Sfuggire non è possibile per cui non resta che morire lentamente senza veramente ascoltare e lasciare naufragare le parole sulle sponde del mare in cui è racchiuso il mio mondo. Profugo dalla volontà mi impongo il respiro che cela l’illusione della calma, mentre ascolto un altro evento che stamani spezza la speranza che un amico ce la possa fare. Sono tanti i “tossici” abbandonati per via di una mancata possibilità, il pensiero ha serrato le fila in questa realtà ed in molti sono caduti o rimasti fuori in modo irrimediabile. Restare fuori dai canoni sociali drogandosi non è l’unico modo per rinunciare ad un certo tipo di performance, ma al momento attuale il mercato ha reso tale pratica facile ed accessibile, con una possibilità di adesione di una larga platea di giovani, meno giovani e vecchi. Vestire di significato le cose del mondo con i colori degli effetti delle sostanze abbaglia il senso della realtà di sopravvivenza del corpo con la natura, portandolo inesorabilmente ad un decadimento e ad una morte più veloce. L’assetto di guerra che il mondo sta adottando impone un restringimento della prossimità verso gli esuli sulla frontiera della cultura, per cui l’approccio alla cura per i consumatori di sostanze stupefacenti probabilmente virerà verso la medicalizzazione ed il contenimento coatto. Siamo nella stagione dove le definizioni ristrutturano i ghetti i quali non abbandonano l’uomo ma semplicemente a volte si assopiscano, per poi rispuntare nel gorgo della rabbia e così sia.