Lo scolo dai pensieri perduti si affaccia fuori paese in riva ad un mare placido e oleoso…è l’arcipelago delle isole rocciose distanziate dalle intenzioni di rimarcare diversità e visioni diverse. C’è un solo modo di cogliere l’intenzione ed è comunicando…cioè uscire fuori dal guscio per spingersi nell’ignoto altro, e ritorno, questa strada invisibile è percorsa migliaia di volte da tutti senza che questo regno sia individuato, rimanendo nel giogo del mistero e della creazione fantastica. I pellegrini si spingono oltre i propri confini per vedere a frotte ciò che non è possibile dire per cui diventa fatica e sudore l’ispirazione al divino. Fatica e sudore è il cammino verso l’ignoto che rimane celato nella finitezza del linguaggio, nella fila lungo il sentiero che da sempre è uguale per tutte le generazioni che si susseguono. Un sussurro per il presente, ma che per il destino è una eternità sempre ferma, già completa in tutte le dimensioni del possibile essere. Le abbazie vuote dagli uomini sono la testimonianza delle idee, che senza carne continuano a riempire il vento che gira intorno alla Terra, fino a che la natura inghiottirà ogni segno delle costruzioni per poi riprendere da capo un nuovo libro del creato. Sportelli anonimi tengono distanziate le intenzioni dalla necessità di avere qualcosa che assomigli ad un consenso o ad un briciolo d’attenzione nella città disseminata di mine e animosità di vendetta. Nel centro le auto la fanno da padrone, non curandosi di chi ha cura delle cose e per cui vale ancora la pena soffermarsi a pensare; solo la lentezza può permettere di cogliere l’integrità degli oggetti, che non sono mai posati a caso, ma sono snodo del racconto di vite che si passano accanto, a volte senza accorgersene, ed a volte invece con una lieve percezione si toccano. È l’esempio del pensiero fisso, quando per inestricabile situazione una persona vede un campo ristretto davanti o dietro di se, una percezione del significato a cono. Non c’è verso che cambi valutazione, anche se corre incontro al disfacimento, infatti continuerà a farlo nonostante un coro di ragioni gli canti il destino avverso ed il modo per evitarlo. Sono incidenti annunciati, lenti suicidi della storia…solo una tromba divina piazzata dentro il cervello può smuovere un ossessivo ansioso dalla determinazione di ripetere la sua esegesi del peccato e della penitenza. Mi ritrovo a volte incastrato in quel spiegare che il buon senso mi induce a fare, ma come immondizia è rimpallato nel cesto delle parole perse…mentre la mia esuberanza si ritrova per l’ennesima volta nella tana delle preghiere morte. Infinite classificazioni che si susseguono nei manuali via via sempre più voluminosi della salute mentale, sintomo di decadimento della mente stessa che affetta da demenza si scrive ogni cosa ripetendola per tutte le volte che le ha dimenticate. Alla fine si cerca sempre di usare il buon senso, che non è facile mantenere nel marasma della sofferenza che non ha soluzioni facili, anzi a volte non ha proprio vie d’uscita. Si convive con una certa fatica tra i discorsi di rivalsa e le parole di morte che sputate da una parte della scrivania all’altra si condensano nell’aria come la scia della cometa dell’ annunciazione. Alla fine i miei ricordi si sbriciolano come essiccati al sole perché sospinti sull’orlo dell’estinzione a furia di mischiarsi con biografie altrui. Al centro di tutto una costruzione o strutturazione delle cose con funzioni in se stesse in permanente dimenticanza con il proprio altro in un vortice di scaramucce che alla fine decadono nella valle dove tutto s’accumula in un perenne accatastarsi in stratificazioni mitologiche che sopravvivono solo nelle musiche popolari.