Il vecchio

Finalmente il vecchio ha staccato la spina…da tutte le cose che danno un senso del dover fare…dopo una vita di rincorse e rimpianti…per attività che non gli sono mai interessate. Disteso nel proprio angolo preferito tra il calore della fiamma ed il parlare leggero degli abitanti della casa, riavvolge il corso delle parole in una narrazione coerente con il proprio destino. Come quadri alla parete, appende i pensieri, in modo da ricordare il chi ed il che cosa è, in questo inverno particolare, in cui le profezie apocalittiche trovano un nuovo spazio di popolarità nella chiacchiera da strada. Al confine dello specchio d’acqua, oltre il limitare della collina, sta la propria casa, in terra d’ardesia, dove gli uccelli governano la pulizia degli alberi, e sostano un po’ oltre l’orario…per compagnia al vecchio, discorrendo del giro dei venti, e delle acque dei mari che non trovano pace nei vecchi bacini antichi. È solo verso sera che con una vecchia penna nera riproduce il segno su carta, costruendo l’eredità del ricordo, per tutti quelli che abiteranno in un susseguirsi di nascite, la collina dentro lo specchio lacustre. Muovendosi per casa con fare casuale, senza una vera intenzionalità, si rigira tra le mani i concetti che nel tempo hanno fatto perno nelle dichiarazioni; si chiede: ma…effettivamente la verità è qualcosa di saldo, o è un nocchiero bendato che perso nella brughiera si spande in mille direzioni; oppure…quale è la verità su cui le parole hanno saldato le relazioni, e convinto i malati a guarire? Ora nell’ora del crepuscolo tutto sembra così incerto che la verità non sembra più tale. Di certo la verità ha compiuto tanta strada dalla Grecia antica ad oggi, ma…l’incontrovertibile non sembra avere casa nell’umano, anzi è l’incertezza il vero abitatore dei mondi, sia reali che inventati. C’è un tremolio che ad una certa età comincia ad essere presente nel contorno delle cose…sfumando nei bordi, si fa fatica a tenerle salde, così la verità, che non è incontrovertibile comincia ad emergere dalla risonanza della nebbia, per palesarsi via via più salda in un attimo di vera ispirazione. Il vecchio abita la propria casa come un santuario, parlando con gli oggetti e accarezzando le piante che curate dalla moglie crescono rigogliose…medita negli spazi del silenzio, quando da oltre la finestra si tacita la città. A volte sono i suoni della musica, che costruiscono l’arabesco che decora la parete, aprendosi sul margine più evanescente della fantasia, intonando una storia che si ripete nella mente, lasciando un segno tra una respirazione lenta e l’intenzione del lasciare andare, come insegnato dalla scuola Mahayana. Alla fine anche il vecchio conosce il segreto del respiro, non c’è altro oltre ad esso, tutto è riportato nell’aria che entra e esce in consapevole presenza. Aspettando il Bardo le cose diventano significanti per poi ridiventare cosen; si dice che: il passaggio da un luogo all’altro avviene senza memoria, solo pochi uniscono i punti degli eterni cerchi del destino, restando un continuum ininterrotto sul mare increspato senza tempo. Per quanto a volte vorrebbe piangere, il vecchio non riesce a lasciare che le lacrime irrigano i solchi delle rughe, scavate con sforzo nelle molte volte in cui la comprensione risulta difficile, ed i dinieghi sembrano porte sbattute in faccia. Anche un sorriso si fa ruga, ma dentro è dolce come il miele perché stimola ricordi, momenti in cui gli sguardi si sono intesi, ed il paesaggio si è colorato per un momento nel bel mezzo del grigiore, causato dalla bellicosità degli ingordi. Leggendo Céline nella traduzione in italiano si sgroppa all’inizio con fatica sulle parole, quasi un gioco cromatico descrittivo degli strati dell’animo, quasi un minuetto barocco…per poi addentrarsi in quella fogna scura della volontà di potere, bramato da i più sfigati con più agonia che risultato. È un viaggio in bilico tra accenti, e saltarelli, sulle parole che come grimaldelli scavano budella e fiele, in una panoramica di ciò che possiamo vedere allo specchio, se solo avessimo il coraggio di guardare. Posato il libro il vecchio riprende quel cammino siderale tra poltrona e fornello, per un te preso in piedi, mentre tra le tende guarda chi corre, fuggevole a se stesso, nel teatro dei lavori in corso. In questo fine anno un po’ di sole troneggia, rischierando le umili origini da dove sono partite queste parole..alcuni sentimenti sparsi, alloccati in vari utensili portati dentro alla vita…il suono presente nell’aria che non scolla mai per intensità…abiti appesi come figure d’osservazione ad i quattro angoli…qualcosa poteva andare storto, ma resta presente la sensazione di avere già visto più volte tutto questo…dentro la casa che invecchiando invecchia i gesti ed i passi, trascinati tra qui e là.

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