Ci si incontra ogni giorno, con un piede già in fuga verso il dopo, che è sempre già passato. Non c’è un momento in cui si rimane nell’atto, anzi forse non siamo nemmeno capaci a coglierlo, infatti quando pensiamo di essere presenti lo siamo perché siamo arrivati da un qualche dove mentre nello sfondo c’è il richiamo verso un altro oltre. Insomma tornando all’incontro mi chiedo se effettivamente incrocio un altro essere come me oppure è solo narrativa, che come un vento lento si intreccia per poi biforcarsi ed andare via. Siamo toccati da mani invisibili che muovono i nostri arti come bambole di pezza, nel palcoscenico circolare che chiamiamo casa, alcuni di noi credono di essere più illuminati di altri, ma in genere sono quelli che stanno in equilibrio su i bordi. Tornare al respiro consapevole, mentre attanagliato dall’angoscia, i sogni si mischiano con la realtà, è questo il quadro dai colori scompigliati che mi si para davanti e fluisce denso nelle viscere, trasformando il corpo in un altare diacronico. Il gelo cristallizza le sensazioni restando sul punto in bilico tra prima e dopo, mentre respirando sciolgo il nodo che dal diaframma si è stretto al collo dello stomaco. Freud ipotizzò l’inconscio e ci mise di tutto come si fa con il fondo dell’armadio, quando non si ha voglia di sistemare le cose e nel tempo ci si incasina poi nel ritrovarle. Con coraggio si può anche entrare nell’armadio a sistemare un’altro armadio che avrà poi un fondo per ributtare il tutto per poi un giorno sistemare anche quello. Sembra una catena, ma il mondo delle spiegazioni è costruito in questo modo, una rimanda ad un’altra che via via rimanda all’infinito. Credo sia San Agostino, ma non sono sicuro, che ha detto che: siamo sospesi dalla mano di Dio sull’abisso, con lo sguardo rivolto all’orlo del vuoto, è così che la coscienza evita il terrore della caduta, mentre avviene per l’appunto come dice Freud: inconscia. Si entra nella settimana del Natale con il peso dell’età e della poca tolleranza per gli eventi catastrofici, una vita spesa nel sentire che le soluzioni ad i problemi sono a portata d’angolo, ma ancora l’angolo non s’é visto, praticamente il tutto si risolve come una giostra che gira in tondo, con i vari personaggi del momento che fanno il loro giro di promesse…e, poi il giro finisce per lasciare posto ad altre promesse. Il respiro riprende forma e come un plasma denso si stacca dalla massa, per entrare nelle narici, nel cammino per ricongiungersi alla massa riscuote sensazioni che colorano di calore l’intorno e mantengono in vita la materia. Un ciclo che si ripete inesorabile senza possibilità d’uscita, un soldatino dietro l’altro cade diventando piombo per lasciare che la natura cresca… ed un fiore oggi è sbocciato in sfregio all’inverno per indicare che l’anomalia è il segno della bellezza. I vari personaggi si agitano nell’incedere della burrasca che calando a valle ogni anno si fa sentire come un monito, per il troppo beccheggiare delle comari, che non intendono mollare l’osso della superficialità, fino all’ingresso inesorabile del dolore… per la fine. In fondo una storia vale l’altra per descrivere la realtà che si ripete come un numero periodico nell’anticipazione degli umori umani, per noi cattolici si entra nel fascio sentimentale natalizio, e forse per un attimo alcuni tirano il fiato sognando una terra migliore. Luci traballanti per occhi stanchi nell’ intermittenza dei fasci colorati dei neon, nella nebbia il gioco dell’illusione si fa intrigante e mischiandosi con le lacrime nell’umidità dell’aria il sacro vela la coscienza con il racconto delle proprie storie fatate.
Natale…
Pubblicato da Mattioni Marchetti Terrablu
modalità di scrittura improvvisata cercando di seguire il flusso del pensare con l'istantaneità dello scrivere. Vedi tutti gli articoli di Mattioni Marchetti Terrablu