Il sonno si para davanti, quando il fuoco brucia i contorni delle case come vecchie cartoline dal contorno seghettato, in un soffio chiude la tragedia nell’oscurità e lascia che il corpo accusi il colpo. La difesa è l’ultimo baluardo degli umani colpiti dall’incontrastabile venire incontro degli eventi, per cui sparire come fantasmi è la beffa per il predatore, che guadandosi in giro scopre la solitudine dell’ insignificanza non avendo vittime sotto tiro. La trama si ripete in un circolo tra alto e basso rispetto ad un avere ragione su un’altra tesi alquanto ragionevole, sono le vicende che snocciolate dai quotidiani si impastano in una crosta di pane dura da digerire ma servita tutti i giorni forma la consuetudine del pensare senza confini ma con frontiere d’immaginazione. Mi rigiro fra le dita le parole che non dico, per poi lanciarle vie lungo il viale coperto dalle foglie morte, risuona lo scalpitio che s’allontana lasciando che il tramonto si riveli nel colore rosato di un momento di pace. Leggendo il giornale del mattino mi accorgo che il mondo sta alzando un muro tra maschi e femmine con una interpretazione religiosa nelle giustificazioni che appare quanto mai fuori posto, il pensiero scientifico che ormai è il discorso da cui tutti dipendono per i frutti della tecnica che offre non ha nulla in sé della distinzione di genere. Per cui mi chiedo da dove viene questo terrore degli uomini per le donne, è forse un presagio per il futuro in cui la tecnica renderà sempre meno importante il ruolo maschile? Mi chiedo come sarà per i maschi quando comanderanno le donne? A novembre c’è un sole settembrino che rischiara e da lontano si vedono le cime orobiche bianche, la povertà è vicina nella sua manifestazione sempre più cruda mentre i ricchi o gli arricchiti diventano sempre più arroganti nel manifestare la volontà di sopraffazione o forse è il fatto che tutto è più scoperto, la discrezione ha lasciato il passo ad una continua esternalizzazione della sofferenza su cui nessuno bada se non coinvolto direttamente. Se da ragazzo giocavo a guerra tra bande con finzione sia nelle armi che nelle intenzioni, ora la guerra è vera anche se chi la fa ha la testa di un bambino. Non si gioca più per imparare ma il gioco è già parte della sopravvivenza per cui gli adulti di domani avranno fisionomie diverse dal presente, forse il momento storico del passato che più si avvicina è l’uscita dalla prima guerra mondiale dove i giovani sono stati travolti ed il dopo ci è noto. Ci saranno o ci sono già nuovi mutanti, alla fine il corpo troverà una nuova modalità di aggregazione con alleanze molecolari a noi ancora ignote, più il cambiamento diverrà radicale più il vecchio essere umano sarà spinto nella marginalità dell’estinzione. Un riverbero stilizzato sulla plastica nel perenne galleggiamento tra le onde del mare, forse nel cielo più soli e lune in un quadro di raffinata visione noir tramandata oralmente in corpi di unica parola. Rileggo questo fondo di bottiglia abbandonato e risuona il messaggio ormai antico di chi nel mediterraneo si è perso, ora che potrebbe essere attraversato a piedi non essendoci più l’acqua. Già da tempo in questo nuovo scenario della mutazione non è l’uomo l’attore principale, ma ospite incorporeo nella landa sterminata dove le grandi presenze dialogano tra di loro, oltre il pianeta verso le masse di aggregazione che si spandono in quello che l’uomo chiamava universo. Mi sono schiarito la gola cercando di parlare ma non è uscito che vento e ci sono rimasto male, le solite parole che se dette ti tornato come un cappio, il silenzio segue la battigia fino al calare della notte e poi ti lascia libero di volare via con le falene verso le stelle.