Un edificio basso di mattoni rossi, affiancato da colonne che sostengono il colore del cielo, dentro ad un giardino incolto nel senso che si aggiusta da solo. Da fuori una sensazione di extraterritorialità dalla mortalità in assenza di creature divine inventate senza esserci, uccelli di varie specie si annidano e rispettosamente ornano la casa come un santuario naturale. Un piccolo sentiero di ghiaia grigio chiaro porta all’entrata in modo che lo scalpitio annuncia già il visitatore in anticipo, così che si possa essere sempre pronti ad una buona accoglienza nel profumo dell’infuso di fiori e erbe salutari. Sono anni che intorno al luogo i rumori si attenuano e i più vecchi del vicinato passeggiano godendosi l’oasi del quasi silenzio, il camminare per camminare in città è rimasta cosa per anziani il quali non vengono più recepiti dagli altri indaffarati a seguire mete e scopi, invisibili portano nascoste le saggezze che andranno disperse per ignoranza collettiva. Lungo il confine della casa quindi si dipana il sentiero degli sguardi e saluti formatosi da ricordi che via via vengono seminati nel tempo, humus per la vegetazione che crescendo nutre il cielo di buone intenzioni. Suoni musicali emergono attutiti dalle mura in un affresco che colora di vivacità la deriva autunnale delle foglie sparse intorno a ricoprire l’umidità dell’erba, una via traversa verso la sera che incombe lasciando silenziosi gli uccelli abitatori quasi invisibili all’occhio. Aspettando che si accendano le luci dalle finestre per illuminare zone e ombre del giardino dove ci si ritrova a guardare il mutare dei contorni in funzione della fantasia che si rincorre nelle ore più melanconiche. Difficile immaginare chi abita la casa rossa se non si è inclini a sfidare il rigore razionale delle definizioni e le convenzioni che si ripetono appunto per continuamente confermarsi. La presenza abita indisturbata le stanze che si delineano dal color porpora al rosa pastello immerso nel legno intarsiato lucido per la presenza della cera d’api che diffonde un profumo di restaurazione o semplicemente lo stare per ciò che si è da sempre. La Signora con passi discreti abita il corpo come gli spazi e attende il forestiero come un segno di buona fortuna, nell’incontro la parole decorano lo spazio e le storie si amalgamano ad altre in un guizzo barocco che si attenua quando la luce viene spenta per il riposo ed il silenzio può essere liberato. La signora custodisce un segreto che negli angoli abbelliti da suppellettili in varie forme e sostanza si definisce nell’ arredamento curato con amabile cortesia:”non esiste bene e male” non c’è mai stato un qualcosa ed un qualcosa altro dall’altra parte, c’è sempre stata e ci sarà sempre una unica cosa sola per tutte le cose. In fondo pensa la Signora: è una banalità, ma se fosse creduta tutto il mondo cambierebbe in un soffio o battito di ciglia. Si dice che errare è più eccitante, quindi la costruzione dei santi e demoni è una rappresentazione, o una storia da raccontare per rompere l’eterno che dilegua uguale per sempre in ogni dove. Il tè è servito dal vassoio alla mano e poi nella delizia di un momento d’intimità, guardando fuori nel giardino d’autunno quasi imbronciato dall’inverno, impaziente per le feste a venire. I segreti sono scritti sempre in maiuscolo per non essere notati, e passano via come niente anche se illuminati come le insegne dei locali, è così che la vita si lascia sedurre dall’inconoscibile nell’ ebrezza di un salto nel vuoto. La Signora nei propri pensieri si asciuga le labbra ad ogni sorso della bevanda calda prendendosi tutto il tempo del mondo per il proprio piacere.