La rivolta

Cambiano i volti, ma la rivolta resta tale, cioè uno sconvolgimento e sconquasso nelle relazioni, animi accaldati che infiammano le parole: a volte gridate, oppure sussurrate, nel nascondiglio dove si prepara l’azione. Si nota una certa disarmonica flessione verso i movimenti della stazione eretta, una disarticolazione, che rende l’umanità una oscillazione isterica collettiva, rimangono poche isolate zone deserte, dove il connubio con la natura, permette una vigilanza corretta, nel flusso del tempo. Una preghiera al mattino apre la strada alla comprensione di ciò che si fa incontro, per quel che si riesce a vedere nel limite eterno, in cui il nascosto convive con ciò che sta. Nella quotidianità è tornato l’intruso, cioè quello che al solito rompe i coglioni a tutti, impavido non ha un pensiero perché vive di rabbia e rancore, così il suo mezzo è fare casino fino alla molestia, piuttosto si fa abbattere come un toro al macello, per non cedere all’usanza del rispetto. Così come nelle micro questioni, così anche nelle macro questioni, i muri dell’inganno si vanno via via consolidando, fino a travolgere quel poco di buon senso che la cultura ha donato, agli ascoltatori del tempo nella dimensione ampia tripartitica. Consuetudini che nel ripetersi si ostinano a volere un’anima per farsi figlio di Dio, in questa arena dove le cose padroneggiano, la ripetizione è come un rave alla ketamina, si vibra fino allo sfinimento dove a vincere è lo sfinire. Piccoli adolescenti mai svezzati, che da vecchi restano imploranti verso tutto e tutti, come se la magia del mondo facesse comparire l’oggetto del bisogno, l’inganno acerbo del desiderio che non può essere domato, come nella storia della giara rotta, con cui gli Anziani già conoscevano le trappole del mortale. La “dottrina dell’anima non discesa” plotiniana, dice che ciascun uomo è caratterizzato da una condizione duplice. Da un lato vi è la nostra quotidianità, che condivide la condizione delle realtà soggette al tempo e al mutamento; dall’altro lato vi è ciò che noi siamo nel senso più proprio, la nostra vera natura che non lascia il mondo intelligibile e si identifica con la parte superiore dell’anima. L’ascesa conoscitiva è così concepita come la rimozione degli elementi sensibili e legati ai corpi nella nostra conoscenza, in modo tale che tutta l’anima prenda coscienza di quell’attività intellettuale superiore che le è sempre propria, anche se non ne è per lo più consapevole. Plotino descrive questa esperienza come un “risveglio di sé a se stessi”. Questo Plotino lo scriveva in tempi di assolutismo nella pratica del potere: infatti siamo nel periodo imperiale romano; quindi il pensiero sotto la schiavitù del corpo pone la libertà in un altro luogo che non è il mondo, una fuga metafisica dall’ incombenza nel prendere atto della sopraffazione delle persone verso se stesse. Da lì a poco dominerà il cristianesimo e l’Islam che porteranno in paradiso i beati perché martoriati dalla cupidigia in vita, e oggi netflix porta la narrazione in una dimensione mista in cui si può essere nel presente ma anche no, si può essere mortali ma anche macchine longeve, si può persino pensare la metafisica in termini di realtà fattuale. Oggi in Europa c’è la guerra e tutte le mattine il traffico sotto casa non cessa di scaricare il gas su cui si combatte, l’allenamento alla finzione ha portato la consapevolezza così lontana dai fatti che solo quando sulla solita coda pioverà piombo e distruzione ci sarà un sussulto di stupore verso la realtà che si presenta. In cammino lungo il sentiero che inesorabilmente porta verso i ricordi e le speranze che seminate dalla storia si ergono come monumenti del rinascimento, è un sentiero solitario che sopraggiunge quando ormai si è già evaporati in una sottile coltre di confine.

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