Nelle ore passate a ruminare immagini e parole il passato si fa adesso presentandosi con il vestito della festa ed il cappello nuovo, la nostra rivoluzione è stata l’andare a prenderci le cose che non conoscevamo, come i libri e i vinili che solo in alcuni posti era possibile trovare. Nottate a parlare per sperimentare il gergo ed afferrare tra le pause il significato nuovo della narrativa che ci consegnava una fisionomia diversa dell’uomo, ed in quei tempi l’orizzonte era ancora sconfinato sollecitando la scoperta è l’intraprendenza. La notte era il tempo da vivere per strada senza problemi, anzi gli incontri notturni si portavano via la speranza che il giorno sarebbe stato migliore del precedente. Come tutte le mattine la coda sotto casa mi indica che nella testa della gente nulla è cambiato, nonostante l’annuncio della fine del mondo, da parte di quattro vecchi, che in una situazione di normalità starebbero in una RSA di lusso a giocare a golf. Senza la gente comune anche la non comune non ci sarebbe, rifiutarsi di stare dentro a questo gioco al massacro è possibile partendo dal cambiamento delle proprie abitudini, e chiedersi se tutto ciò che è in vendita sia anche necessario, anche per gli studenti studiare in autonomia e non a comando come se fosse un lavoro, la conoscenza risiede fuori dalle aule di scuola. Che la comunicazione sta cambiando il mondo è evidente, infatti le cose senza il linguaggio che le denota diventano insignificanti e abbandonate alla dimenticanza, i poteri che dalle monumentali ideologie hanno retto muri ora sono in difficoltà perché tutto il mondo nello stesso momento ne può vedere la nudità: la storia del re nudo è un emblema della modernità. Di re nudi nel mondo c’è ne sono molti; ma sono molti di più quelli alla fame e alla inedia, che si lasciano andare ad ogni pretesa, e si scolano il tempo che resta come i drogati la dose quotidiana. Anche oggi guardo passare il mio fiume e trovo la stessa acqua di ieri a fianco del marciapiede ingombro dai rifiuti rifiutati per onorare il ciclo del consumo, un saluto alla vecchia per ricordarmi la mia di anzianità e corro verso quel vuoto che è il giorno velato dalla nullità del nulla. Un segna via che come una pietra d’angolo pone il quesito di una razza invecchiata pensando a non dover tramontare, ma ora che lo scurire si affaccia, gli invecchiati si trasformano in cattivi presagi per le giovani generazioni, e per la loro libertà di essere uguali in ogni parte del pianeta. Un cambio di passo che probabilmente lascerà sul selciato rivolte e sogni infranti come un aratro che penetra nel terreno per scavare il frutto futuro, l’icona di una regina passata a murales in periferie colme di brama e voglia di staccare la spina all’ordine ed al maneggio dei pochi. I rintocchi del mio quotidiano nelle cento parole al giorno mi costringono in una meditazione su i termini che appaiono e si lasciano scrivere perdendo per sempre quell’essere mio delle cose, un dire che esce dalla singolarità, se mai c’è stata, per entrare nella moltitudine in cui tutte le essenze si toccano modificandosi. Come scolaretti nella via ci si ostina a portarsi appresso ognuno la propria divisa: turbanti, veli, fagotti senza volto, segni d’inchiostro, scarnificazioni e via via stretti all’orlo del precipizio spaventati ed inermi nel scoprirsi solo umani, ognuno uguale all’altro nella nudità quando l’arroganza è spogliata dall’ ipocrisia. I cambiamenti sono nella natura di questa terra e non credo che noi pesiamo qualcosa nella placida è mutevole esistenza di questo pianeta.
Il re è nudo
Pubblicato da Mattioni Marchetti Terrablu
modalità di scrittura improvvisata cercando di seguire il flusso del pensare con l'istantaneità dello scrivere. Vedi tutti gli articoli di Mattioni Marchetti Terrablu