Scosso da una un vento contrario che si presenta puntuale con l’avanzare dell’età mi ritrovo bloccato nel turbine dei pensieri da un finale di partita. Solo nei sogni compaiono immagini che ricostruiscono il passato in nuovi corpi ed in nuove sensazioni, nella veglia si dirada il ricordo ed il sopravvivere si prende la piazza. Rincorro un po’ i pensieri lenti che dopo una crisi faticano a tornare scorrevoli e chiari, è come in conseguenza ad un botta quando si rimane intronati e la vista leggermente fuori fuoco, si preannuncia un aumento della calura ed ogni evento ormai è una catastrofe da qui all’estinzione. Sono chiari i tuoi occhi mentre appaiono dalla penombra delle persiane accostate, le linee tratteggiano la stanza mentre i corpi si scompongono nella rarefazione della luce, sono intimità senza tempo che permangono nello spazio della memoria reificando gesta dal passato. Dal corpo il sudore rotola verso il senso della gravità ed attimi di vento producono un brivido nel caldo della notte che avanza, trascendere per ritrovarsi nel respiro come un automa che scandendo le carte si ritrova con l’ultimo mazzo possibile prima della sconfitta. In fondo il mio lavoro non è un lavoro come quando da giovane facevo di tutto per racimolare qualche soldo, ciò che faccio ora è una pratica zen nei termini occidentali, ascoltare le pause tra una parola e l’altra, osservare le assenze tra un gesto e il successivo, e stare in presenza mentale con gli altri nella consapevolezza che il cambiamento verso il benessere può essere ottenuto solo dalla persona che lo desidera. In molti la sofferenza è così forte che lo stare insieme diventa una condizione assordante ed il silenzio resta l’unica cura possibile, invecchiando i tempi si restringono e le parole appaiono sempre più come gusci vuoti, il ripetersi delle situazioni a volte fanno sorridere per la mancanza di memoria in cui il presente ci accompagna. Il motto di spirito, o quell’avanzare sorridente ed un po’ birichino per certi versi satirico che permette incursioni dirette nelle sensazioni ancora vive, ecco questo modo è a volte efficace per connettersi con l’altro senza urtare la sensibilità della corazza caratteriale difensiva. Un po’ per forza ci si immischia in cose altrui senza tanti preamboli, nelle stanze del ricordo dove tutto viene vomitato per poi essere ruminato per le volte necessarie alla trasformazione, è solo attraverso una distorsione della visione che la storia prende una piega diversa per essere capita. La guerra in Europa comincia a degradare nell’ informazione come seconda scelta lasciando spazio ad un teatro nostrano da fiera periferica, lasciando intatto quel rumore di fondo del senso comune banalizzante che lascia ogni cozza aggranchiata al proprio scoglio. Leggendo Musil ci si accorge che ad inizio secolo scorso praticamente si facevano le stesse menate che ci facciamo noi oggi, anche loro smemorati andavano ignari incontro a due guerre devastanti, pensando come noi che la pace non potesse essere messa in discussione. I conti con l’umano sono semplici essendo un corpo sociale è facilmente manipolabile, basta poco per trasformare agnelli in lupi o greggi da macello, in questo come indica Musil basta non essere smemorati per avvedersene.