Buio fitto dal sapore meccanico mentre si spengono le candele della ragione, oltre ad i rumori dal sottotetto che attivano misteriose immagini, il suono insistente dal di dentro spezza la ragionevolezza del giorno appena andato. Le fonti delle storie non sempre sono floride, anzi in alcuni casi le parole vanno scavate dal sottosuolo e grondano catrame confondendosi con le sensazioni che si dileguano dal corpo inerte. Ho aggiunto un gesto per riconoscermi nell’oscurità e ritrovare la strada di casa, sono solito respirare pensandoci e questo mi riporta nel vivere mentre attorno le cose sconosciute vorticano senza lasciarsi toccare. Questo spaesamento di un luogo che è sempre un altrove riempie la stanza del risveglio di ombre, si sentono i cani che si chiamano attraverso le persiane accostate ed è quasi musica il riecheggiare dei latrati, tutte le mattine si ripete il rito mettendo i vari pezzi nei luoghi appositi per formare il piano della realtà. La curiosità fa girare la ruota dei muscoli che stendendosi taglia l’aria e si fa spazio occupando la posizione nella presenza di un nuovo inizio, un aroma di miele e caffè si fa strada mentre l’immaginazione continua a restare nella coda delle ultime immagini sognate. Citando Galimberti Umberto:” Nell’età della tecnica, la cui razionalità prevede il raggiungimento del massimo degli scopi con l’impegno minimo dei mezzi, la responsabilità non riguarda più il contenuto dell’azione, ma la modalità della sua corretta esecuzione in termini di efficienza e produttività che sono gli unici valori riconosciuti dalla tecnica”. Per cui oggi quando indichiamo quale responsabilità assumere nella realtà cosa stiamo chiedendo alle nuove generazioni:”essere esecutori come cose tra le cose o ripercorrere le tappe dell’essere escludendo le cose che sono il motivo della realtà della tecnica”. Sganciarsi dalla mortalità può indicare la via verso il superamento della volontà di potenza, essere in eterno non ha bisogno di imporsi ma basta stare nelle infinite colorazioni del mondo. Rincorro i pensieri cercando di sovrastare il corpo che si contorce sempre più spesso nelle pose del dolore o caducità, il rimorso di non essere più scattante nella vicinanza come padre e marito ma distante nella nebbia che avvolge il tramonto con le sagome che all’orizzonte si spengono come le lucciole all’alba. La responsabilità mi veste come un cappotto troppo pesante per la stagione, e nonostante questo il freddo permane dal di dentro ormai padrone delle ossa, la responsabilità che ormai ha abbandonato il mondo per lasciare che inizi lo scannamento per le risorse prime ormai scarse per tutti, la responsabilità che ha portato i pochi nel decidere per tutti in un disastro mille volte annunciato e ora presente. Oggi siamo presenti come nella finzione di una realtà reale in cui gli indici della conoscenza sono le creste emergenti dell’informazione, orchi e lupi mannari o vampiri possono girare tranquilli se non attenzionati da questo fiume in piena che è la parola gridata. Salto un pezzo della lezione per rischiare di finire nella risacca degli ignorati in cui tutte le Galee corrose dal tempo giacciono abbandonate testimoniando il nulla della assenza, ora che solo mi arrangio a vedere dove la potenza degli umori gira la ruota della potenza. C’è ancora Dio che diviso in bene o male si gioca la partita sul terreno della mortalità, dove le passioni contano qualcosa e permettono il gareggiare. Sono solo frasi brevi in cui ricucire un senso di qualsiasi storia per il gusto di raccontare piccole chiazze su un muro in abbandono, in quelle periferie dove abbondano fabbriche abbandonate.
Buio fitto
Pubblicato da Mattioni Marchetti Terrablu
modalità di scrittura improvvisata cercando di seguire il flusso del pensare con l'istantaneità dello scrivere. Vedi tutti gli articoli di Mattioni Marchetti Terrablu