Nei campi si muovono colori, strappati dagli oggetti nella furia della pioggia, e si infrangono come miele nella fantasia dell’ osservatore, ben coperto e al caldo. È una dolce sensazione entrare nel contrastato vociare della natura che si scuote per risvegliarsi nella stagione inquieta; un po’ fredda ed un po’ calda. Sento dire dal margine del campo che il vento ha trovato la forza di protestare per la continua determinazione dei contadini di delimitare le colture, mi vien da rispondere che forse da sempre ogni cosa se delimitata cerca una via d’uscita dalla costrizione, non è maleducazione ma forse è la natura che nasce tutta insieme senza nomi né cognomi. Un bulldog francese rincorre le foglie a raso tra fila d’erba abbastanza allineate da formare una coltre d’assenzio in cui perdere la testa, e a tratti orecchie nere spuntano in vari posti diversi orientando la percezione in svariate dimensioni. All’orizzonte sbiancando si intravede l’inizio della sabbia che contiene il mare e il suono della burrasca si confonde con il frusciante insorgere degli alberi oscillanti nella pioggia, una strana passeggiata in compagnia del cane che sbuffa per la disapprovazione verso l’acqua ma impavido continua la sua corsa ed io la mia.