Dentro alla prigione si scuote il senso della permanenza in un angusto spazio personale minato dalle continue incursioni, una strettoia si apre verso l’esplosione del cielo a tratti nascosto dall’imponente struttura tecnica, pensata per soffocare la nascita di un modo diverso di concepire la violenza. Sbarre proiettate come ombre sul muro in cemento ricordano un bosco visto in contro luce mentre il silenzio spettrale cala da dietro la paura, i mondi si sfiorano nella fantasia creatrice di nuovi suoni che prima da lontano poi iniziano da vicino a risuonare nell’orecchio. La sinfonia fantastica inizia il corso della mutazione della materia, spazzando le solidità in forme armoniose che morbide accolgono i pensieri cullando il senso della libertà. Imprigionati ci si salva con voli senza carburante nell’immobilità del viaggio, arruffando contorni dei sogni spersi nei tetri corridoi, in sospensione per effetto del rallentamento del vivere quotidiano. Vorrei voltarmi per sorridere alla luce che evapora ma il meccanismo mi tiene a dritta in una unica direzione nell’antologia del divenire per essere per l’essere nonostante ciò. Nessun divertimento è permesso perché la prigionia è espiazione anche se si è innocenti per lo più, dinanzi agli dei affievoliti dalla tecnica scientifica, da cui dipende ormai l’etica del potere.