Il giocatore d’azzardo

Cammino da giocatore d”azzardo per carpire l’anima del tempo, su i muri si mostra i sintomi della razza padrona. Nell’occulto il dialogo con i morti ancora vivi nell’eterno apparire necessario alla costruzione dei possibili mondi. Il ristoro del cercatore tra gli arbusti del parco pubblico mentre altre traiettorie si snodano veloci. Orbene Il mestiere che faccio a volte mi stringe sulla pelle, provocando eczemi di varia fattura. Fragile oscilla il mio sapere le cose, le quali mutano senza padronanza ma in modo casuale, lasciandomi sgomento senza parole da pronunciare. Cerco nel casino un costrutto da porgere in una serata sulla miopia del nostro essere: come siamo, come ci aggreghiamo, come chi la sa più lunga vince, come possiamo uscire da noi stessi. Vorrei indagare su i fatti occulti, quelli che nessuno vede come tali, ma vede come lievi increspature sulla superficie dell’aria, incolpando un malessere passeggero per l’attimo di sgomento. Vorrei il mio corredo da pistolero come quello cha da bimbo guardavo nelle cartolerie dentro ad una reticella rossa con annesso distintivo per presentarmi alle ombre scure con tutti i carismi della buona creanza, salutando e conversando nella ricerca del fatto delittuoso, un fatto che si pone distonico nell’assembramento delle opinioni sintoniche umane, fatte per mantenere una continuità al senso del vivere nel tempo.

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