Nel pomeriggio le cose appaiano diverse dal mattino ma cosa è diverso nel sentimento del mutare e trasformarsi? Rispondo:”Nel mio cielo oriento l’attenzione sussurrando alle candele accese il ricordo dei colori. Seduto sull’orlo di una qualsiasi sporgenza guardo le mani raggrinzite dalla vecchiaia, paesaggio formato da oggetti disseminati in modo sparso, incompresi tra la polvere depositata dal trascorrere dei pensieri. Al solito l’ansia si insinua con segni di paura e sgomento, presagi mortifici calano da sopra le tende oscurando ogni cielo possibile. Cerco di ribellarmi alla frustrazione immaginando i colori della primavera quando dal sole che sorge spuntano i primi fiori dall’acqua rigenerata. Il corpo soffoca nel disaggio della destrutturazione inflitta dalle malattie ben catalogate in alfabeti sintetici. Riprendo a suonare nel sogno senza il dolore dell’altro, scivolando sulla tastiera imponendo pastosità agli armonici, odio quando il suono diventa fischio privo di vibrato. E così mi risveglio sulle ali della Lucia di Lamermoor elaborata da Bottesini”.Al solito indugio nel letto dopo una notte insonne, le pareti da strette si riprendono la forma consueta come le foglie tornate sugli alberi in primavera. Un dialogo intramondano si estende lungo la traiettoria del brusio nella brezza del caffè proiettato verso le cose da fare. Così tutti i giorni si riprende il filo di Arianna o il telaio di Penelope dipende da i punti di vista per organizzare, decidere, parlare segnare la presenza. Ristette il contrabbasso a lungo chino nell’angolo del muro in silenzio, forse abbandonato per sempre, mai più imbracciato per amore dei suoni tonali unica riserva di pace nel mondo in guerra. Scorre dentro le vene quel mai più malinconico che è la brezza di un corpo acerbo squassato dalle intemperie dei mondi possibili nell’unico approdo rimasto nello spiazzo della via chiamato piazza, la mia terra con i miei colori e i suoni gravi del mio eterno amore.